A spiegare l’aumento di altri 70 milioni di euro alle paritarie per il sostegno agli alunni disabili, previsto in due emendamenti alla legge di Bilancio, è Gabriele Toccafondi, già viceministro dell’istruzione, al portale Tempi.it: “È stato un lavoro a quattro mani. Sottolineo il lavoro di squadra in un momento in cui la trasversalità in politica è tutt’altro che scontata e che ha incontrato il voto quasi unanime della commissione Bilancio della Camera dei deputati. Settanta milioni di euro: questa la cifra destinata per il 2021 a tutte le scuole paritarie che accolgono ragazzi e bambini dagli 0 ai 18 anni con una disabilità certificata”.
“Con questa legge di Bilancio passiamo oggi a 94 milioni di euro, il che significa circa 7/8 mila euro per ogni studente, dall’infanzia fino alla quinta superiore, a compensazione di una parte del carico dei costi del diritto al sostegno, e che le scuole potranno abbassare le rette alle famiglie. Non solo. Ulteriori 20 milioni sono stati riservati al sostegno dei disabili nel percorso dell’infanzia, dagli 0 ai 6 anni, otto in più rispetto a quelli destinati dalla legge di bilancio 2019, quando, su input di Italia Viva, fu creato un ulteriore fondo di altri 12 milioni per questi bambini”.
In modo particolare, spiega Toccafondi, in un articolo pubblicato da Tempi.it, gli alunni dimenticati in questo anno di pandemia, sono proprio i bimbi disabili. Ben 70 mila su quasi 300 mila hanno avuto grossissimi problemi con la DaD.
“Stiamo parlando – dice Toccafondi -di un quarto degli studenti disabili italiani e che da settembre si sono fatti altri cento giorni a casa, davanti a uno schermo, insieme a tutti i coetanei di medie e superiori che in Italia non sono stati riammessi in classe”.
Può chiamarsi scuola questa? “No, l’unica vera scuola è la scuola in presenza – spiega Toccafondi -. Non sono un uomo di scuola o uno scienziato ma sono un genitore dotato di buon senso. C’è chi vive in zone senza connessione, famiglie senza mezzi, ci sono ragazzi abbandonati davanti agli schermi per 5 o 6 giorni a settimana. Questa non è educazione, è arrendersi a una soluzione che appare più facile ed è in realtà enormemente drammatica”.
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