Settimana corta, come le idee di chi la impone

L’Unicobas scuola esprime netta contrarietà rispetto all’orientamento della Amministrazione provinciale di Livorno di forzata introduzione della settimana corta su cinque giorni per le scuole superiori. Completamente fuori da ogni prassi anche la modalità con cui la vicenda ha preso le mosse in assoluto spregio a qualsiasi riferimento normativo, alle competenze degli organi collegiali e delle rappresentanze sindacali.

Le competenze della provincia riguardano la manutenzione e la conduzione strutturale delle scuole superiori, non l’organizzazione dell’orario, e questo la provincia lo sa bene: la nota inviata ai dirigenti scolastici infatti comunica che l’amministrazione provinciale ha intenzione di prevedere per il 2015/2016 un orario scolastico articolato su cinque giorni e rimane in attesa delle comunicazioni delle scuole; apparentemente quindi nessuna determinazione tassativa in materia di orario, per il semplice fatto che ciò sarebbe fuori dalle competenze dell’ente locale.

I dirigenti scolastici livornesi si sono prestati al gioco delle parti e hanno dato semaforo verde alla richiesta della Provincia arrogandosi un’autonomia decisionale che non hanno, confidando probabilmente su quanto prevede il decreto Brunetta, ma confondendo molto la materia con una fretta che ingenera sospetto.

A chi giova questa operazione?

A Livorno il Nautico, il professionale Orlando e il biennio del liceo classico funzionano già su cinque giorni per scelta autonoma. L’Iti Galilei, e probabilmente anche altre scuole, se la cosa dovesse andare avanti, potrebbero avere una deroga, visto l’orario settimanale particolarmente elevato e scarsamente comprimibile in cinque giorni. E allora? Tutto questo rumore per risparmiare una mezza giornata (il sabato) alla settimana su quattro mesi di riscaldamento nelle poche scuole residue? Se consideriamo le vacanze natalizie non si arriva a venti mezze giornate di presunto risparmio: vale la pena sconvolgere per l’intero anno con un’imposizione esterna l’assetto organizzativo e didattico delle scuole per ottenere un abbattimento di costi che sarebbe tra l’altro eroso dalle maggiori spese di energia elettrica e riscaldamento dovute all’incremento dell’apertura pomeridiana?

Comprimere l’orario delle lezioni su cinque giorni comporta problematiche notevoli per l’organizzazione della didattica, l’uso curricolare di laboratori e delle palestre, fruibili solo a rotazione, nonché per le varie attività di recupero e potenziamento previste dall’offerta formativa; ma i problemi sono anche di carattere organizzativo e riguardano organizzazione dei trasporti e dei servizi di refezione, oltre che interferenze con il tempo extrascuola di molti studenti e delle loro famiglie.

C’è poi tutta la partita relativa all’organizzazione dell’orario di lavoro di docenti e personale Ata, materia di contrattazione sindacale e non certo di decisione unilaterale: la settimana corta avrebbe ricadute pesantissime sulla turnazioni, già faticose da sostenere attualmente, soprattutto per il personale Ata, visti i tagli costanti al personale e sulle garanzie da attuare (mensa gratuita o buoni pasto, incentivo per flessibilità, organizzazione dei recuperi d’orario) per tutti i lavoratori a cui verrebbe imposto un surplus di turnazione o l’orario spezzato.

Questo i dirigenti scolastici lo sanno bene. Eppure, almeno a Livorno, hanno prontamente risposto all’invito della provincia promettendo collaborazione, senza acquisire pareri dagli organi collegiali e spesso senza consultare la Rsu e il responsabile della sicurezza. Perchè questa sintonia perfetta tra dirigenti della provincia e dirigenti scolastici? Il Decreto Brunetta garantisce premi di risultato ai dirigenti che realizzano obiettivi (e il risparmio, ovvero l’adeguamento imposto dalla legge di stabilità, è un obiettivo), mostrando chiaramente che i compiti a cui sono chiamati più che alla tutela del servizio pubblico puntano al suo smantellamento.

I dirigenti scolastici obbedienti tengano presente ciò che è già avvenuto in altre zone: l’amministrazione provinciale ha semplicemente deliberato il bilancio non prevedendo la copertura di alcune spese scolastiche. I presidi hanno imposto la settimana corta assumendosi una responsabilità impropria e sono stati sanzionati in tribunale.

Anche questa volta, come in altre occasioni, ci opponiamo all’ennesimo taglio che si abbatte sulla scuola.

Non dimentichiamo che la Provincia sta già operando drastici risparmi sul settore, poiché ha quasi azzerato gli interventi di manutenzione di propria competenza, con gravi responsabilità anche in ordine alla sicurezza: infiltrazioni di acqua, allagamenti, infissi pericolanti, riscaldamento non funzionante sono la realtà quotidiana di molte scuole, problemi che se non risolti, dovranno obbligatoriamente essere convogliati in esposti, denunce e richieste di intervento ad organismi vari.

E’ indispensabile che tutte le componenti della scuola, gli organi collegiali, le organizzazioni sindacali siano coinvolte in questa delicata fase, ritirando imposizioni inaccettabili nonché fuori competenza, già peraltro sanzionate da numerose sentenze.

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