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Sfruttamento minorile e scuola assente. La Fao alza la voce

Nel settore zootecnico si concentra a livello mondiale la percentuale più alta di lavoro minorile di cui si sia a conoscenza. E la scuola è spesso assente nella vita di questi giovani. Il dato è ben evidenziato nel rapporto della Fao, presentato il 25 febbraio, “Children’s work in the livestock sector: Herding and beyond”, il primo studio che affronti in modo complessivo le questioni relative allo sfruttamento di manodopera minorile negli allevamenti di bestiame.
Secondo il rapporto, per ridurre il lavoro minorile occorrerà aiutare i governi, le organizzazioni contadine e le famiglie rurali a trovare alternative a pratiche che spesso rispondono solo alla necessità di sopravvivere.
Lo studio argomenta che il lavoro pericoloso o potenzialmente nocivo per i minori nel settore zootecnico, ha ricevuto minore attenzione del lavoro minorile in altre aree agricole, dove è stato fatto molto di più. “Il lavoro minorile mina alla base le opportunità di un’occupazione dignitosa per i ragazzi, specialmente quando interferisce con l’obbligo scolastico”, ha affermato il Jomo Sundaram, Vice Direttore Generale della Fao, del Dipartimento Sviluppo economico e sociale.
Il rapporto raccoglie e analizza le informazioni disponibili ottenute mediante ricerche bibliografiche e consultazioni con organizzazioni ed esperti che si occupano di zootecnica e di lavoro minorile e si prevede farà da base di discussione per la “Terza Conferenza mondiale sul lavoro minorile” che si terrà in ottobre in Brasile.
L’allevamento del bestiame rappresenta una fonte di reddito e di sicurezza alimentare, almeno parziale, per il 70% degli 880 milioni di poveri delle aree rurali che vivono con meno di 1 dollaro al giorno. E molte delle situazioni categorizzate dalle norme internazionali come forme di lavoro minorile hanno luogo a livello di piccoli coltivatori e di agricoltura non regolamentata.

Per secoli, le comunità dedite alla pastorizia hanno coinvolto i propri figli nell’allevamento del bestiame”, si legge nel rapporto. “Il futuro e la sopravvivenza della famiglia ha fatto affidamento sul trasferimento di conoscenze locali complesse trasmesse da padre a figlio”. E ancora “Ci sono indicazioni che le comunità di pastori riconoscano oggi l’importanza della scolarizzazione dei propri figli e siano più propensi a mandarli a scuola, se l’insegnamento è di buon livello ed è pertinente con il modo di vivere pastorale, specialmente se la scuola può essere complementare con il lavoro dei ragazzi nella pastorizia”.
Lo studio suggerisce ai paesi e alle agenzie per lo sviluppo di affrontare il problema del lavoro minorile nel settore zootecnico con una serie di interventi. Tra i vari approcci figura il superamento delle barriere all’istruzione nelle società pastorali. Come l’apprendimento a distanza, programmi per mense scolastiche e buoni pasto, scuole con vitto e alloggio, scuole sul campo per pastori e per allevatori.
“Nell’affrontare il problema del lavoro minorile nelle comunità dedite alla pastorizia, occorre avviare un dialogo per trovare soluzioni che siano idonee alle loro specifiche situazioni socio-culturali e che siano costruite con il sostegno dei genitori, dei datori di lavoro e degli stessi minori”, ha affermato Rob Vos, Direttore della Divisione Fao Pari opportunità, equità e impiego rurale. “Questo consentirebbe “un’istruzione con identità” che offra ai ragazzi migliori prospettive di lavoro, nell’ambito del settore zootecnico ma anche altrove”.
Gli autori dello studio raccomandano di lavorare direttamente con le famiglie per sensibilizzarle sulle mansioni che sono appropriate all’età e accettabili per i minori, rispetto a quei lavori che possono essere pericolosi o interferire con l’obbligo scolastico.
Da alcuni studi di casi riferiti in paesi specifici si evince che il lavoro minorile nel settore della pastorizia può iniziare in età molto giovane, tra i 5 ed i 7 anni.
Le condizioni lavorative dei piccoli pastori variano molto e sono specifiche dei singoli contesti. In alcuni casi i minori pascolano solo per alcune ore a settimana e vanno comunque a scuola, in altri casi lavorano ogni giorno per ore e ore, a volte lontano da casa e con nessuna possibilità di frequentare la scuola.
A seconda delle mansioni che vengono loro assegnate, i minori sono a rischio per la loro salute, per il loro sviluppo psico-fisico, morale e sociale. Lavorare a stretto contatto con il bestiame fa aumentare il rischio di contrarre malattie di origine animale, di farsi male maneggiando gli attrezzi, di essere morsi dal bestiame, di avere problemi di salute per il troppo lavoro, spesso in condizioni climatiche avverse, per la scarsa igiene e la mancanza di strutture sanitarie, per l’impiego di prodotti chimici dannosi, e in alcuni casi dallo stress psicologico causato dalla paura di essere puniti o dal senso di responsabilità nei confronti della famiglia.
Vi sono inoltre casi di situazione di lavoro coatto e in condizioni di semi-schiavitù, e di bambini vittime di tratta dei minori. Tutte realtà difficili che attraverso la presenza della scuola nella vita dei minori sottomessi avrebbero un terreno sicuramente meno fertile.

Alessandro Giuliani

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