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Shoah, la testimonianza di Pupa Garribba: “Conoscere per crescere”

“Bisogna interrogare la storia per essere in grado di leggere il presente”.

Suonano come un macigno le parole di Carla Dello Strologo, meglio conosciuta come Pupa Garribba.

Testimone autorevole della Shoah ha parlato agli studenti del Liceo Giordano Bruno di Roma nell’ambito di un convegno organizzato il 12 febbraio 2020 dalla Prof.ssa Cinzia Capriglione, docente di Letteratura Italiana della scuola.

Per gli studenti delle classi quinte del Liceo è stata un’occasione unica per confrontarsi sui temi della Shoah, sulle Leggi Razziali, sui diritti umani negati, sulla privazione della libertà di stampa e di espressione, sul confino per gli oppositori prendendo visione anche di documenti privati dell’epoca. L’obiettivo fondamentale è quello di mantenere vivo il ricordo di uno periodo storico che ha devastato un intero popolo, ma anche punto di partenza per un percorso di maturazione personale e sociale. Garribba è una donna di grande vivacità intellettuale che, attraverso un modo diverso di fare lezione, ci ha fatto toccare con mano la sofferenza di quel passato che ci apparterrà sempre.

 

Storie di fughe, catture, violenze e discriminazioni emergono in un crescendo dai ricordi di Pupa: un’intellettuale ebrea, laica, illuminata, con una storia personale di impegno civile e coraggio. Collabora con varie istituzioni che si occupano di storia e cultura ebraica, con le associazioni della Casa della Memoria e della Storia di Roma. Nella prima metà degli anni ’70 del secolo scorso ha iniziato a collaborare con i giornali, nel 1990 con le scuole, nel 1998 è diventata ricercatrice di memoria orale per la Shoah Foundation.

Pupa Garribba tiene alta la tensione emotiva con gli studenti che nel silenzio assordante recepiscono una serie di informazioni che solitamente passano sottotraccia anche nei libri di storia

“Ragazzi – sottolinea – le prove generali delle Leggi Razziali del 1938, con una precisa campagna antisemita, Mussolini le mise in pratica e anticipò due anni prima. E cioè nel 1936 in occasione della conquista dell’Etiopia nell’ottica della difesa della razza contro i pericoli della promiscuità sessuale”.

Da lei l’invito a ricordare che la Shoah non è stata un incidente, né il sonno della ragione che genera mostri, ma il risultato di un preciso pensiero politico!

“Ma attenzione – sottolinea Garribba – per fare davvero i conti con lo sterminio di sei milioni di esseri umani non dobbiamo rivolgere lo sguardo soltanto al passato. Perché il virus della discriminazione, dell’odio, della sopraffazione, del razzismo non è confinato in un’isolata dimensione storica, ma attiene strettamente al comportamento dell’uomo. E debellarlo riguarda il destino stesso del genere umano”.

E’ questo il motivo per cui da trent’anni la signora Garribba va nelle scuole, con la sua forza e la sua determinazione. Racconta con estrema lucidità e onestà intellettule una doppia storia: quella “grande” di un’Italia dilaniata da una dittatura in cerca di consensi, e una “piccola”, appunto la sua e quella della sua famiglia.

Lo sfondo è un piccolo e disumano 1936 da cui inizia tutto; in questa fase la discriminazione riguarda i neri delle colonie. Sono giornalisti come Giorgio Almirante (redattore del periodico La difesa della Razza) che pubblicano riviste in cui denigrano e sbeffeggiano negri ed ebrei, mentre scienziati di alto lignaggio partoriscono nel 1938 Il Manifesto della razza.

Gli ebrei non possono più entrare nelle scuole statali. E Pupa piange, si dispera, perché i genitori non la fanno andare a scuola inventando scuse. E poi quando studia privatamente a casa ha come  unico compagno di classe suo fratello con il quale litiga continuamente, perché le pare che egli goda di un trattamento privilegiato in un ambiente condizionato da un padre fascista della prima ora e molto maschilista, che non aveva apprezzato l’arrivo di una femmina come primogenita. Che paradosso! Quell’ uomo che sosteneva con convinzione il fascismo, sarà  poi costretto a scappare perché lo stesso regime lo perseguiterà e attenterà alla sua vita. E Pupa, che in Italia era una “sporca ebrea”, in Svizzera sarà profuga costretta a vivere sotto sorveglianza e irrisa a scuola.

Ma la storia di Pupa Garribba non è solo una storia di fuga, di stenti, di ingiustizie, è anche una storia di coraggio, di famiglia, ma soprattutto di solidarietà. Non ha incontrato solo brutte persone sul suo cammino, ma anche tante altre, che hanno saputo come aiutarla e l’hanno fatto in tutti i modi.

Ha trasmesso un messaggio, il più importante: quello dell’amore! E se Pupa è riuscita a salvarsi grazie a un destino strano e incerto, il suo futuro dopo la fine della guerra non è stato roseo come si può pensare. Ma lei è stata ed è una donna forte. La sua forza colpisce particolarmente il cuore di coloro che – come ha più volte ripetuto – potrebbero essere i suoi nipoti. La forza di una donna, anzi di una bambina che non ha mai ricevuto una parola di scuse da chi le aveva portato via gli anni dell’infanzia, e un pezzo della sua famiglia. Oggi Pupa Garribba cammina a testa alta per le strade di una Roma che – sembra anacronistico – è macchiata ancora da scritte di odio e di violenza, e persino da frange che alimentano il negazionismo.

Ha parlato più volte di un’Italia dalla memoria corta e di un Paese che nel dopoguerra aveva bisogno di rialzarsi. Per molti burocrati fascisti l’amnistia fu l’alternativa al carcere. Come sarebbe stata possibile la ripresa dopo la sconfitta? Per giungere alla pacificazione nazionale e accelerare la costruzione materiale del Paese nel 1946 arrivò l’amnistia per reati comuni, politici e militari, con iniziale esclusione dei reati gravissimi. In seguito le cose sono andate diversamente, sono stati rimessi presto in circolazione tutti i coinvolti nel regime fascista. Insomma questo Paese dalla memoria corta ha sotterrato i propri errori pur di riprendersi dalla “batosta” senza interrogarsi sulle proprie responsabilità, buttate sulle spalle dell’alleato tedesco.

“Ecco perché amo andare nelle scuole e far conoscere la storia attraverso questi miei documenti che smascherano il silenzio su anni di violenze e di torture. Sì, la trasmissione della storia è un compito che mi sono assunta e che può permettere di evitare gli errori del passato”.

Questo è il messaggio di Pupa Garribba. Arriva alla testa, inevitabilmente, ma soprattutto al cuore, nutrito di un tesoro immenso che è la solidarietà tra gli uomini.

a cura di Concetta Di Lunardo

Redazione

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