Se ne sta facendo un gran parlare, non solo tra gli addetti ai lavori. Parlo dei risultati del PRIN 2020, i quali dicono chiaramente e decretano ufficialmente che, per il settore SH5, la filosofia non è di interesse nazionale. Bocciati dunque tutti i suoi progetti presentati, a favore delle cosiddette scienze pratiche. Lo so, per molti il problema non è la filosofia, ma i criteri di valutazione ed i valutatori.
Ma sappiamo bene che, nella vita, contano i risultati, cioè le scelte concrete, perché la bocciatura di tanti progetti mortifica tanti giovani ricercatori. Il che, per un filosofo che faccia filosofia, è vero e non vero. Nel senso che la specificità della filosofia è, appunto, di essere libera anche dai risultati. Dispiace che questa libertà, che è originaria e ben presente in qualunque sapere pratico, non venga però riconosciuta come essenziale anche nella struttura originaria degli stessi saperi pratici. Ma tant’è.
Domandarsi, dunque, “a che serve la filosofia?”, diventa indifferente, una sorta di “santa indifferenza”, però. Se volessimo riprendere il vecchio Aristotele, tanto per capirci, dovremmo rispondere che la filosofia non serve a niente, se il “servire” è vincolato utilitaristicamente. Sempre secondo il vecchio Aristotele, com’è noto, tutte le altre scienze sono ben più utili della filosofia.
Più utili, ma di certo, secondo lui, non migliori, o degne di riconoscimento. Ricordiamo tutti, credo, la celebre apertura della sua Metafisica: “Tutti gli uomini per natura desiderano sapere”.
Noi solitamente la traduciamo utilizzando l’espressione “tutti gli uomini”; ma Aristotele usa il termine “anthropoi”, che in greco vuol dire “esseri umani”, cioè uomini e donne, greci e barbari, liberi e schiavi.
Tutti gli esseri umani, cioè, qualunque sia la loro condizione, desiderano conoscere.
Dunque, la filosofia è sapere, il più sommo dei saperi, perché libero.
L’idea, però, che il fine della filosofia sia la ricerca del sapere non è unanime, nella storia del pensiero occidentale, non è cioè condivisa da tutti i filosofi: per alcuni, infatti, la filosofia, più che essere un sapere, somiglia piuttosto ad un atteggiamento.
Ciò che conta davvero sarebbero, allora, la domanda e il dubbio piuttosto che il raggiungimento di una risposta. Ma anche fosse così, il domandare filosofico si caratterizzerebbe come sapere radicale, non limitato da presupposti e precomprensioni, o da pregiudizi, da postulati vari, ideologici e fideistici di varia natura.
Già riconoscere questa funzione è dire in concreto la sua utilità non utilitaristica. Che l’episodio della bocciatura di tutti i progetti PRIN 2020 possa dunque diventare un’occasione per riflettere, anche da parte dei non filosofi, sul valore imprescindibile della filosofia in ogni sapere, in ogni conoscenza, in ogni convinzione, in ogni scelta o comportamento o decisione. Sarebbe già un successo, per la filosofia e non solo per la filosofia.
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