Il 5 ottobre si celebra, come ogni anno, la Giornata internazionale dell’insegnante.
La ricorrenza serve a ricordare la sottoscrizione delle Raccomandazioni sullo status di insegnante volute nel 1966 dall’Unesco, la principale struttura di riferimento per i diritti e le responsabilità dei docenti su scala mondiale.
L’iniziativa ha come obiettivo fondamentale quello di suscitare riflessioni sul ruolo dei professionisti della formazione, sulle sfide che affrontano quotidianamente, sulle difficili condizioni di lavoro a cui sono spesso sottoposti.
Di recente le Nazioni Unite hanno richiamato la funzione dell’insegnante nell’obiettivo 4 della Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile.
Con questo obiettivo, denominato “Istruzione di qualità”, gli insegnanti vengono riconosciuti come soggetti chiave per l’attuazione dell’Agenda 2030.
“Il loro impegno – si legge nel sito dell’Unesco dedicato al tema – è fondamentale per fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva e opportunità di apprendimento per tutti, con l’obiettivo di incrementare il livello di alfabetizzazione globale e ridurre l’abbandono scolastico precoce, contribuendo a migliorare la vita delle persone e a raggiungere lo sviluppo sostenibile”.
A fronte di un ruolo così rilevante riconosciuto anche da importanti organizzazioni internazionali resta però, nel nostro Paese (e non solo) un trattamento economico molto modesto se non addirittura inaccettabile.
Neppure la legge di bilancio che sta per essere varata sembra andare nella direzione che i docenti italiani aspettano. Come abbiamo già avuto modo di scrivere più volte c’è anzi il rischio molto concreto che a partire dal prossimo gennaio lo stipendio dei docenti subisca addirittura una riduzione.
Non sarebbe quindi del tutto fuori luogo se venerdì 5 il Ministro dell’Istruzione, anzichè limitarsi a fare gli auguri al milione dei docenti italiani, annunciasse anche misure concrete finalizzate a rivalutarne stipendi e prestigio sociale.
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