Il Tar di Torino, con sentenza 196/2016 ha chiarito che l’adeguatezza delle misure previste nel piano didattico personalizzato per l’alunno affetto da Dsa non può essere valutata solo dopo la bocciatura, in quanto il Piano non rappresenta una garanzia del buon esito del percorso scolastico, ma solo lo strumento che consente ai suoi destinatari di raggiungere gli obiettivi di apprendimento degli altri compagni.
Il Sole 24 Ore, riportando la sentenza, racconta la vicenda di una ragazza frequentante la seconda classe di un liceo, affetta da disturbi specifici di apprendimento, nella specie dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia.
L’istituto scolastico aveva predisposto all’inizio del percorso di studi superiore un Piano didattico personalizzato che prevedeva misure compensative (interrogazioni programmate, maggior tempo nelle prove di verifica, utilizzo del computer per la scrittura) e dispensative (prove di verifica in forma scritta a risposta multipla o orale, prove di recupero aggiuntive), volte ad agevolare l’apprendimento della ragazza.
Al termine del secondo anno, però, l’alunna non veniva ammessa alla classe successiva per via delle numerose insufficienze riscontrate e la famiglia impugnava la bocciatura dinanzi al Tar al quale viene richiesto non l’annullamento del provvedimento ma solo il risarcimento del danno consistente in poco più di 6mila euro, comprensivo della retta per la scuola privata, dove era stata successivamente iscritta la ragazza, e danno morale.
In particolare, la famiglia dell’alunna, racconta Il Sole, lamentava la mancata predisposizione di un piano didattico personalizzato per il secondo anno scolastico, nonché l’inadeguatezza delle disposizioni compensative e dispensative previste nel piano relativo al primo anno, oltre alla mancata attuazione delle stesse disposizioni.
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Il Tar, rigettando la richiesta, notando che è vero che il Piano «deve essere aggiornato annualmente entro il primo trimestre dell’anno scolastico», ma nel caso di specie la famiglia della ragazza non ha sottoposto la stessa a nuovi test per aggiornare il quadro clinico, nonostante le difficoltà riscontrate all’inizio del nuovo anno, ritenendo perciò che il piano «predisposto per l’anno precedente fosse ancora adeguato alle esigenze della ragazza».
Quanto all’inadeguatezza e alla mancata attuazione delle misure previste dal piano didattico personalizzato, il ricorso per i giudici è fondato su «deduzioni arbitrarie, disancorate da concrete evidenze scientifiche, basate esclusivamente su considerazioni soggettive, e come tali opinabili» e, in quanto tali, non idonee a inficiare le valutazioni svolte dai singoli docenti. Difatti, osserva il Tar, «la scelta degli strumenti compensativi e dispensativi più idonei in relazione alle specifiche esigenze dell’avente diritto costituisce espressione dell’ampia discrezionalità tecnica che la legge riconosce in materia al corpo docente, la quale è sindacabile da questo giudice solo in presenza di macroscopiche illogicità o irrazionalità o di evidenti errori di fatto».
D’altra parte, concludono i giudici, l’inadeguatezza del piano didattico personalizzato non può essere fatta valere ex post, ovvero dopo la bocciatura, in quanto tale piano non rappresenta una «garanzia di successo e di buon esito del percorso scolastico», ma consente ai suoi destinatari di «raggiungere gli stessi obiettivi di apprendimento degli altri compagni».