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Si può educare alla bellezza anche in periferie degradate e quartieri dormitorio?

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È un fatto ormai assodato che educare alla bellezza significhi educare alla legalità, insegnare ai ragazzi a rispettare e a difendere il paesaggio urbano ed extraurbano, perché è proprio la bellezza che più di ogni altra cosa è in grado di aprire gli occhi soprattutto ai più giovani. Anche se, detto così, potrebbe sembrare un controsenso, una frase vuota e retorica: come può, la scuola, educare alla bellezza dei ragazzini che una volta fuori dalle mura scolastiche ritornano nella loro periferia degradata, nel loro quartiere dormitorio dove la bellezza non sta di casa? Se ci fermiamo un attimo a pensare alle brutture estetiche di quartieri come Brancaccio, Scampia, Tor Bella Monaca o Quarto Oggiaro – in ordine geografico da Sud a Nord – l’impresa appare impossibile: “vaste programme”, avrebbe detto il generale De Gaulle, che con questa frase divenuta proverbiale liquidava i progetti pretenziosi e utopistici da qualunque parte venissero.

Ma la Scuola, per fortuna, è anche il luogo del sogno e dell’utopia. Dunque, pur nella consapevolezza che il suo intervento educativo non sempre risulterà efficace, continua a proporre percorsi di educazione alla bellezza anche in contesti difficili.

Come nel caso dell’I.C. Maredolce di Brancaccio, il quartiere di don Pino Puglisi per intenderci, dove proprio quest’anno è stato avviato e si è concluso il progetto ‘Raccontare la bellezza, il museo come risorsa educativa’. Gli alunni e le alunne, in collaborazione con il museo diocesano di Palermo, hanno curato l’allestimento della mostra “Le Meraviglie arabo-normanne a Palermo”, in cui sono stati esposti gli acquerelli da loro realizzati. Gli alunni hanno fatto poi da guida ai visitatori nel percorso della collezione museale. Frutto del loro lavoro è stata anche la realizzazione del fascicolo Gallery con le illustrazioni della mostra, la locandina, l’invito alla manifestazione e la creazione dell’evento social.

All’Istituto Comprensivo Perugia 12, ad esempio, dirigente e docenti sono convinti di potere fornire ai loro alunni ‘gli strumenti per individuare e apprezzare il bello nei vari aspetti della vita, della realtà circostante, dell’arte e per favorire lo sviluppo del pensiero critico e divergente, la capacità di comprendere l’importanza del rispetto per l’ambiente e il gusto per le cose belle’, come si legge sul sito della scuola. Altri sognatori? Sì, ma consapevoli, visto che sotto al titolo del loro progetto “Alla ricerca della bellezza: arte, musica, benessere, natura e territorio”, citano una frase di Eleanor Roosevelt: ‘il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei loro sogni.’ E allora via a laboratori di arte e immagine, di musica, di scienze, di lettura, di scienze motorie, perché sentimenti e partecipazione al senso del bello devono potersi esprimere anche attraverso il linguaggio corporeo.

Gocce nell’oceano? Forse, ma come ha scritto in questi giorni su Tuttoscuola Giovanni Cogliandro – dirigente scolastico dell’I.C. Mozart di Roma – è fondamentale che la scuola proponga simili percorsi, perché i nostri studenti percepiscono il rapporto con i docenti come potenzialmente fruttuoso, bello e fonte di rinnovamento interiore, se realmente si concretizza in un’educazione alla meraviglia e all’armonia.

Gabriele Ferrante

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