«Si dovrebbe fare una rivisitazione complessiva dei cicli scolastici da un punto di vista della qualità dei percorsi didattici interni. Se si punta su questo si deve sapere che il percorso educativo e formativo, che non smette mai nel corso della vita, ha comunque bisogno di avere una più larga partecipazione possibile, almeno fino a 18 anni, poi per percorsi anche diversificati del liceo, degli istituti tecnici professionali»: lo ha detto come è noto la ministra dell’istruzione Fedeli al Meeting di Rimini, mentre dalla Cgil arriva l’avvertenza che sarebbero necessari per innalzare l’obbligo scolastico 17 miliardi di euro, «che corrisponde a quel punto di pil che ci manca nell’investimento in istruzione per essere allineati alla media dei Paesi Ocse».
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Il nocciolo della questione tuttavia non è quanti anni far durare l’istruzione e la formazione, ma innalzare il successo formativo degli alunni e il loro rendimento che non è questione di poco, mentre forse la vera sfida è quella di consentire agli alunni tra i 15-16 anni e i 18-19 anni di frequentare percorsi in alternanza scuola-lavoro, combinare corsi scolastici a tempo parziale con corsi part-time in azienda.
Anche perché innalzando l’obbligo a 18 anni significa pure impedire ai ragazzi di intraprendere la via del lavoro già a 16 anni, una strada che per tanti giovani appare forzata a causa delle precarie condizioni economiche dentro cui spesso sono costretti a vivere.
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