Quattro comparti invece di tre, e su questo presupposto la trattativa fra Aran e sindacati sull’applicazione della riforma Brunetta, presupposto indispensabile per far ripartire i contratti nel pubblico impiego, fa un passo in avanti e punta a chiudere entro gennaio.
Su tutta la partita, poi, continua ovviamente a pesare il nodo risorse, con i sindacati che nel nome dei rinnovi si dicono pronti «ad aprire il tavolo anche a Natale».
I due nodi sono intrecciati, perché «in occasione del primo rinnovo contrattuale», come recita la riforma Brunetta, bisogna ridurre a un massimo di quattro le dodici famiglie in cui è diviso oggi il pubblico impiego.
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L’architettura proposta alle organizzazioni sindacali (come riporta Il Sole 24 Ore) disegna una pubblico impiego articolato in scuola, sanità, enti territoriali e Pa statale. È quest’ultimo il comparto più problematico, dal momento che riunirebbe una serie di realtà, dai ministeri alle agenzie fiscali fino agli enti pubblici, che oggi sono separate e viaggiano su livelli retributivi diversi. La prospettiva, in assenza di risorse che permettano di prevedere allineamenti in tempi brevi, sarebbe quella di cominciare a unificare le regole di base del rapporto di lavoro, rimandando il resto a tempi migliori. In ogni caso, per risolvere il rebus potrebbe tornare utile l’articolazione in «sezioni», per raggruppare le realtà fra loro più omogenee all’interno dei comparti unici.
Anche così, però, rimangono due questioni da affrontare: la presidenza del Consiglio, poco più di 2mila persone che oggi danno vita a un comparto separato, e l’università, che fa parte dell’area della conoscenza e potrebbe confluire con la scuola dove però ci sono dinamiche specifiche.
In ogni caso, quello del pubblico impiego rimane un terreno minato. Oltre al problema delle risorse per i rinnovi, resta la questione ancora irrisolta degli integrativi illegittimi negli enti locali, stoppati dalla Ragioneria. Oggi a Roma i sindacati torneranno a protestare sotto il Campidoglio. (Da Il Sole 24 Ore)
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