Va al di là delle previsioni il numero di lavoratori della scuola che la 1° settembre cesserà il servizio per andare in pensione: in base alle domande inviate fino alla scorsa settimana al Sistema informativo dell’istruzione (Sidi) ammontano quasi a 28.500 le richieste fatte da insegnanti e personale Ata. Un numero però destinato ad aumentare almeno sino a 30.000 lavoratori.
Se è vero che una parte delle domande, fisiologica, verrà respinta per mancanza dei requisiti minimi (58 anni di età e 35 di contributi oppure 40 anni complessivi di versamenti) è però altrettanto vero che viale Trastevere sta predisponendo, come annunciato sempre la scorsa settimana dal Ministro Gelmini, l’allargamento della Direttiva Brunetta sui pensionamenti “coatti” anche al mondo della scuola: la norma, sarebbe in dirittura d’arrivo, prevede che chiunque – docenti e non docenti, ma dirigenti esclusi – abbia raggiunto 65 anni o 40 anni di contributi venga automaticamente posto in pensione. E dalle prime stime risulta che sarebbero sicuramente di più coloro che figurano in questa posizione piuttosto che gli esclusi per difetto di requisiti.
Al momento le domande presentate al Sidi sarebbero 2.023 di insegnanti nella scuola dell’infanzia, 6.829 della scuola primaria, 6.814 della scuola secondaria di primo grado, 7.030 della scuola secondaria di secondo grado e 5.730 per quanto riguarda il personale non docente.
Se le stime dovessero rivelarsi giuste, il numero di pensionandi si ritroverebbe più o meno a metà tra il record del 2007 (quando “cessarono” dal servizio quasi in 55.000) e i circa 27.000 dello scorso anno. Pochi giorni fa la Uil Scuola, nel quadro di alcune stime di previsione del numero dei tagli al personale della scuola, ipotizzò 23.000 lavoratori collocati in pensione: un numero ricavato dalle stime storiche. Lo stesso sindacato di Di Menna ha rilevato che i pensionamenti andranno a sopperire una discreta fetta dei tagli previsti in Finanziaria (42.000 solo docenti) per il 2009: tagli di cui saranno danneggiati esclusivamente i precari.
Precari per i quali il Miur starebbe anche predisponendo alcune migliaia di assunzioni in ruolo: si parla di 15.000 docenti e 5.000 Ata che andrebbero assunti a tempo indeterminato in corrispondenza dell’abbandono degli oltre 30.000 pensionati. Una mossa del Governo inaspettata, ma probabilmente dettata anche dall’esigenza di “calmare la piazza”, sinora sottoposta a tagli su tutti i fronti. La mossa di viale Trastevere rischia ora però di produrre una situazione paradossale: da una parte i fortunati, gli eletti, che saranno immessi in ruolo; dall’altra quelli che non solo vedranno sfumare per l’ennesima annata l’agognata assunzione a tempo indeterminato, ma che seppure vincitori di concorso e precari di vecchia data si ritroveranno in un colpo solo senza più lavoro. Personale che, è il caso di ricordare, non ha diritto a nessun ammortizzatore sociale, nessun aiuto economico, nessuna possibilità, qualora accettasse, di essere riconvertito in altri ruoli.