Si sarebbe arrivati alla stretta finale del confronto per ridurre a quattro gli undici comparti del pubblico impiego, e quindi aprire l’accesso ai tavoli della trattativa solo ai sindacati più grandi, visto che per essere «rappresentativi» bisogna raggiungere almeno il 5% nella media di voti e deleghe.
La proposta, che origina da un disegno di legge dall’allora ministro Renato Brunetta, divide la P.A. in sanità, «poteri locali», «istruzione e ricerca» e «poteri centrali».
Dalla griglia dei quattro comparti indicata dall’Aran rimane esclusa la presidenza del Consiglio, che con i suoi 1.900 dipendenti e 300 dirigenti continuerebbe a rimanere isolata in un comparto a sé perché nessuno dei decreti attuativi della riforma Brunetta ne prevede l’inclusione nel meccanismo generale.
Sanità ed enti locali, scrive Il Sole 24 Ore, escono quasi immutati dalla riforma, che però unisce l’università e la ricerca alla scuola e mette insieme in un unico comparto il resto dell’amministrazione centrale, oggi divisa fra ministeri, agenzie fiscali, enti pubblici non economici e così via.
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Di qui l’idea della finestra per le alleanze, che chiede alle sigle sindacali di deciderle in 30 giorni e ratificarle entro i successivi 120. Un punto, questo, che ha sollevato parecchie obiezioni di metodo, perché impone ai sindacati di tenere i congressi per decidere le aggregazioni e, senza una clausola che lo impedisca, potrebbe aprire le porte anche a sigle che non sono rappresentative oggi ma lo diventerebbero domani grazie ad alleanze azzeccate.
Intanto è stato confermato il principio per il quale la fusione di comparti oggi divisi non produrrà subito regole uguali per tutti, perché i contratti nazionali potranno essere divisi in «parti comuni», sulle regole di base come ferie, malattie e permessi, e «parti speciali» per regolare gli aspetti «peculiari» del rapporto di lavoro:una strada obbligata per non scontrarsi con l’unificazione impossibile di realtà diverse fra loro, caratterizzate da livelli stipendiali molto differenziati. Superato questo scoglio ci sarà da parlare dei contratti, e a quel punto il problema tornerà a investire il governo chiamato a proporre un rinnovo con 300 milioni sul piatto.
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