Il sistema scolastico italiano funziona ormai a due velocità. Le cronache quotidiane lo dimostrano: al nord non sempre si riesce a coprire le assenze dei docenti, mentre al sud i precari delle graduatorie d’istituto lavorano poco o nulla.
La questione è di vecchia data e si sta via via aggravando, ma la soluzione non è affatto semplice.
Il punto è che esiste un palese squilibrio fra “domanda” e “offerta”: nelle regioni del nord i precari sono in numero insufficiente rispetto all’organico, mentre al sud avviene esattamente l’opposto.
La strada indicata dal presidente Renzi, e sulla quale i sindacati sarebbero ben d’accordo, potrebbe serivire ad attenuare il fenomeno: estendere il tempo pieno anche nelle regioni del sud. Ma si tratterebbe, appunto, di una attenuazione e non certamente di una soluzione, per diverse ragioni: intanto nella secondaria di secondo grado non esiste il tempo pieno e in quella di primo grado i margini sembrano ridotti (in molte aree del nord non sempre le famiglie sono interessate ad un ampliamento dell’orario scolastico).
Per quanto riguarda poi la scuola dell’infanzia, va detto che già adesso le sezioni funzionanti a tempo pieno sono ben più del 90% su quasi tutto il territorio nazionale.
Senza contare che per aumentare ulteriormente gli organici sarà prima necessario fare un po’ di conti e “convincere” la Ragioneria Generale dello Stato della necessità (e della possibilità) di procedere in tale direzione.
Nel concreto si potrebbe piuttosto pensare ad una diversa distribuzione dell’organico potenziato, aumentandone la quota destinata alle regioni del sud.
Questo potrebbe, forse, migliorare in qualche modo il rapporto domanda-offerta nelle regioni del sud ma non risolverebbe in alcun modo la carenza di insegnanti nelle regioni del nord dove continuerà ad essere difficile sostituire i docenti titolari assenti.
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