Siamo diventati un Paese ignorante in storia e geografia: è urgente rivedere le ore di insegnamento di queste discipline perché gli alunni non sanno collocare nello spazio e nel tempo gli avvenimenti storici, non sanno costruire un discorso logico e critico sulle cause e sugli effetti delle battaglie, delle guerre, delle contese che hanno contrassegnato nelle diverse epoche le vicende tra i vari stati europei.
C’è una grande confusione cronologica nella mente degli studenti, anche universitari, e negli adulti, le quali lacune non verranno più verificate in un’interrogazione oppure in un compito scritto.
Ad aggravare il problema ci hanno pensato due fattori: il primo riguarda la cancellazione nella prima prova scritta dell’esame di maturità del 2019 della traccia storica considerata un vero e proprio spauracchio; il secondo è, nelle scuole secondarie superiori, la formazione di un ibrido mostruoso che si chiama “geostoria”, che (senza nulla togliere alla coniazione del termine dovuta a Fernand Braudel) non è né storia né geografia.
È una materia, “geostoria”, che svilisce e mortifica allo stesso tempo tutte e due le discipline annullandole e svuotandole del loro contenuto didattico ed epistemologico.
In realtà viene insegnata una materia “geostoria” che non esiste e i docenti sono costretti a fare i saltimbanchi per far capire agli alunni le connessioni storiche e geografiche che, magari, collegano due periodi completamente distanti nello spazio e nel tempo.
In siffatto modo vengono meno lo studio sia della storia (che inizia con la stanzialità dell’uomo) sia della geografia che colloca l’uomo nello spazio rendendolo un essere dinamico. Nel contempo si perde la memoria storica.
Riguardo alla geografia gli alunni ignorano confini, laghi, oceani (confondono gli oceani e i mari), i fiumi, i monti, non conoscono le capitali e le città più importanti di uno stato europeo e mondiale.
Un tempo si studiava la geografia con l’atlante e si obbligavano gli alunni a portarlo a scuola, oggi, invece usano Google Maps e non sanno nemmeno orientarsi nello spazio. Nell’era della tecnologia orientarsi è facilissimo, ma non si ha la cognizione dello spazio e dell’orientamento.
Sono queste le vere riforme che servono alla scuola: tutto il resto è palliativo o meglio un contorno vuoto di senso e di significato. Torniamo ad insegnare la vera geografia, quella che ha fatto appassionare molti studenti, quando un tempo i ragazzi si appassionavano a questa disciplina mentre oggi è diventata la “cenerentola delle materie”, quella più bistrattata, quella messa all’angolo perché ritenuta insignificante.
È urgente tornare ad insistere molto sulle conoscenze e fare in modo che gli studenti allarghino il più possibile gli orizzonti del sapere.
È necessario farlo perché quando i nostri studenti affrontano una prova di cultura generale cadono inesorabilmente, perché, appunto, non possiedono le conoscenze di base di tutte le discipline.
Hanno delle nozioni sporadiche, frammentate e, spesso, nei questionari a risposta chiusa rispondono a caso, tentando di indovinare la risposta giusta.
Gli studenti devono essere consapevoli che tutte le tipologie di concorsi pubblici e privati prevedono una prova preselettiva di cultura generale per monitorare se lo studente possiede o meno quelle conoscenze minime generali di quanto ha appreso sui banchi di scuola.
E, invece, quando ci si imbatte nella correzione degli elaborati contenenti domande di cultura generale c’è veramente da mettersi le mani in testa, da restare sbalorditi, in quanto le risposte ivi contenute sono a dir poco assurde e denotano una superficialità e pochezza di saperi acquisiti.
È bene che la scuola prenda atto di questo e insista molto sulle conoscenze di base che gli alunni devono possedere al termine di ciascun ciclo d’istruzione.
Si tratta di quelle conoscenze globali che lo studente potrà poi spendere nel mondo del lavoro che oggi è molto competitivo.
Solo quando avranno quel bagaglio di conoscenze che permetterà allo studente di muoversi nel mondo, possiamo parlare delle competenze da mettere in pratica.
Fatto sta che in tema di cultura generale c’è da interrogarsi e aprire un serio, costruttivo e approfondito dibattito perché il livello di conoscenze è veramente basso per cui c’è poco da scherzare e prendere la cosa sottogamba, perché in tutti i concorsi ci saranno sempre domande di cultura generale, cioè quel bagaglio di conoscenze che accompagna la persona nell’arco di tutta la sua vita.
Mario Bocola
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