L’educazione sessuale e di genere riveste un ruolo sempre più centrale nella didattica scolastica contemporanea. Difatti la scuola, come per altri temi concernenti le violenze familiari, il supporto psicologico e l’integrazione sociale, costituisce centrale e fondamentale riferimento per milioni di studenti e famiglie. La maggiore attenzione – e cura – da parte dell’opinione pubblica in materia di sessualità ed identità di genere ha portato alla creazione di un ambiente sicuro e favorevole in classe? Nonostante tutte le norme e disposizioni severe che condannano senza indugio alcuno discriminazione e violenza con medesimi fini, il tema e la sensibilità da adottare non risultano affatto metabolizzati dall’intera comunità scolastica. Nonostante la scuola risulti via via sempre più aperta alla discussione e dunque accoglienza di temi come sessualità ed identità di genere, numerosi osservatori a livello globale segnalano la non remota possibilità di violenze nei confronti di quella popolazione scolastica che presenta difformità. Associazioni ed organizzazioni non governative raccomandano alle istituzioni scolastiche prudenza e cura con il fine di ovviare tragici eventi discriminatori. Valutiamo nel dettaglio cosa accade in Australia.
Secondo un sondaggio condotto tra gli studenti delle scuole superiori, più di un adolescente australiano su 10 si identifica come omosessuale, bisessuale, pansessuale o asessuale. I ricercatori hanno intervistato 6.388 studenti di ottavo anno tra il 2019 e il 2021, scoprendo che il 12% degli adolescenti ha dichiarato di avere sessualità diverse, mentre il 3,3% si è identificato come diverso dal punto di vista del genere. I risultati, affermano gli autori dello studio, evidenziano una “necessità urgente” di servizi di supporto nelle scuole e nelle strutture sanitarie per mitigare un aumento del rischio di stigma, discriminazione e violenza. “Abbiamo bisogno di politiche sanitarie infantili che forniscano inclusione e sostegno alle diverse identità di genere e alle diverse sessualità fin dalla giovane età”, ha affermato l’autrice principale dello studio, la dott.ssa Jennifer Marino, ricercatrice senior presso l’Università di Sydney. “I contesti scolastici e sanitari devono essere, in particolare, spazi sicuri per gli adolescenti, specie se giovanissimi”.Gli studenti che si identificavano come transgender o non binari avevano il doppio delle probabilità di incorrere in bullismo o violenza psicologica in classe.
Marino, autrice della ricerca, ha affermato che la scoperta appoggia numerosi studi condotti negli anni passati. “Sappiamo da tempo che sia la diversità sessuale che quella di genere… gli adolescenti e gli adulti più grandi hanno un rischio maggiore di vari problemi di salute mentale rispetto ai loro coetanei cisgender ed eterosessuali. Tutte le prove indicano che lo stress delle minoranze è il principale motore di tutto ciò: discriminazione e stigmatizzazione che influiscono sulla salute e sulla posizione sociale”, hanno affermato nel corpus della dissertazione. “Non ho alcun motivo di pensare che gli adolescenti più giovani siano meno vulnerabili dei loro coetanei più grandi”. L’ultimo studio nazionale sulla salute e il benessere mentale, pubblicato nel 2023, ha rilevato che il 58,7% delle persone che si identificavano come non eterosessuali avevano un disturbo mentale nell’anno precedente, rispetto al 19,9% di coloro che si identificavano come eterosessuali. Anche in Italia il tema è costantemente al centro del dibattito pubblico nazionale: l’assenza di educatori sessuali qualificati e di ore dedicate a tali attività di certo ostacola la formazione globale dell’individuo anche sui temi di identità di genere e diversificazioni. Inoltre persistono problematiche legate alla comunicazione ed all’erogazione di contenuti che potrebbero favorire discriminazioni ed episodi violenti basati sull’identità di genere o sessualità degli interessati.
La Tecnica della Scuola ha affrontato il tema citando un noto film con riferimento alla scuola italiana di oggi: https://www.tecnicadellascuola.it/il-ragazzo-dai-pantaloni-rosa-perche-un-film-sullomofobia-non-puo-essere-visto-a-scuola
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