La Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro, che si svolge il 28 aprile di ogni anno, è stata istituita nel 2003 dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO – International Labour Organization), che ricorda come sia “necessario rafforzare le politiche nazionali di salute e sicurezza sul lavoro, unitamente a sistemi istituzionali e normativi integrati per rispondere alle crisi”.
In un Rapporto pubblicato dall’Ilo il 14 aprile scorso si evidenzia come quasi tre milioni di persone muoiano ogni anno per infortuni e malattie professionali e oltre 400 milioni di persone siano coinvolte ogni anno in incidenti sul lavoro.
Su scala mondiale l’81% della totalità delle morti attribuibili alle condizioni di lavoro è collegato alle malattie lavoro correlate e il 19% agli infortuni. I rischi professionali a lungo termine, come orari e condizioni di lavoro proibitivi, esposizione a sostanze e fumi, sono quelli a cui è possibile attribuire il maggior numero di decessi (ad esempio ancora molto alto il numero di lavoratori vittime dell’amianto).
La Giornata ha lo scopo di focalizzare l’attenzione internazionale sull’importanza della prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro e delle malattie professionali e sulla necessità di un impegno collettivo per la creazione e la promozione della cultura della sicurezza e della salute sul lavoro. Come ricorda il sito www.quotidianosicurezza.it “la promozione della cultura della sicurezza e della salute, della prevenzione, passa nella condivisione e nel dialogo, nelle prassi capaci di coinvolgere lavoratori, imprese, istituzioni nazionali, parti sociali, nella valutazione, nella segnalazione e nella lotta ai rischi”.
“Agiamo insieme per una cultura positiva della salute e sicurezza” è infatti il tema promosso dall’Ilo per questa edizione.
Sul fronte delle denunce di infortunio (con inclusione degli infortuni in itinere), nei quattro anni dal 2018 al 2021, si è passati dalle 640.723 del 2018, alle 641.638 del 2019, per poi arrivare alle 554.340 denunce del 2020, fino alle 555.236 del 2021. Rispetto al biennio precedente, una tendenza al decremento – leggiamo sul sito www.ivl24.it/ – in parte certamente dovuta all’inizio della pandemia e al lungo lockdown che ha ridotto il numero di ore lavorate.
Peraltro, secondo il presidente del Patronato Acli, Paolo Ricotti “i numeri reali sono più alti a causa delle mancate segnalazioni. L’assenza delle denunce e segnalazioni diventa una mancata tutela dei diritti. Lo ribadiamo: la tutela della salute nell’ambito del lavoro è un diritto che va esercitato senza alcuna remora”.
Aumentano le denunce di malattie professionali, come ad esempio le patologie a carico dell’apparato muscolo scheletrico o dell’udito: l’anno scorso sono state 55.288 a livello nazionale (+22,8% rispetto al 2020). E sempre nel confronto fra 2020 e 2021 – come riportato nel suddetto sito – è inquietante l’incremento degli infortuni mortali: infatti l’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre registra nel 2021 rispetto al 2020, un aumento di casi di morte sul lavoro stimato in quasi il 40%.
I dati dell’Inail relativi al 2021 riportano oltre 1.200 casi mortali, con 55mila casi di malattie professionali.
Ma l’Inail fornisce dati ancora più aggiornati: le denunce di infortunio sul lavoro nel primo bimestre del 2022 sono state 121.994, + 47,6% rispetto allo stesso periodo del 2021, 114 delle quali con esito mortale (+9,6%). In aumento le patologie di origine professionale denunciate, che sono state 8.080 (+3,6%).
“La disciplina in materia di sicurezza sul lavoro nel nostro Paese c’è ed è esaustiva – afferma Mauro Rossato, presidente dell’Osservatorio Vega – ma non ne basta la mera lettura. Occorre applicarla. Serve a tal fine un’adeguata e diffusa formazione dei lavoratori e, anche, dei datori di lavoro e, contemporaneamente, più ispezioni e sanzioni. Non si possono considerare salute e sicurezza sul lavoro dei costi, bensì un investimento. Bisogna agire sulla prevenzione”.
Analizzando la mortalità per fasce d’età, l’Osservatorio Sicurezza Vega fa emergere che ad essere a maggior rischio sono i lavoratori con più di sessantacinque anni di età, con un’incidenza di mortalità decisamente superiore rispetto alla media nazionale. Per quanto riguarda invece gli infortuni sono i giovanissimi ad avere un’incidenza tripla rispetto alla media degli infortuni sul lavoro in Italia.
E a proposito di giovanissimi ricordiamo che durante i Pcto (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento – ex Alternanza scuola lavoro) gli studenti sono equiparati ai lavoratori nel contesto della sicurezza. Ovviamente è prevista obbligatoriamente una formazione generale in materia di “Salute e Sicurezza sui luoghi di Lavoro” ai sensi del decreto legislativo n. 81/2008 e successive modificazioni.
Ma sin da quando fu stabilita l’alternanza scuola-lavoro con il coinvolgimento obbligatorio degli alunni dell’ultimo triennio delle scuole di istruzione secondaria di II grado – con la legge 107/2015, la cosiddetta “Buona scuola” di renziana memoria (in realtà l’alternanza scuola-lavoro era stata introdotta già con la legge n. 53 nel 2003 quando ministro dell’Istruzione era Letizia Moratti) – sono stati in molti a contestarne la validità sia da un punto di vista didattico che organizzativo.
Per sintetizzare, ad esempio i Cobas in un comunicato di qualche tempo fa furono molto espliciti: “L’attività lavorativa obbligatoria introdotta dalla malascuola di Renzi ha il fine malcelato di insegnare alle giovani generazioni le basi fondamentali (ideologiche e pratiche) del mondo del lavoro nell’epoca del neoliberismo trionfante: precarietà, dequalificazione, sfruttamento e, compreso nel pacchetto, la mancanza di sicurezza”.
Peraltro, anche a seguito di eventi tragici e infortuni meno gravi che hanno riguardato studenti delle scuole superiori impegnati nell’alternanza scuola-lavoro (o comunque in stage – non retribuiti – previsti negli indirizzi di studio dei Centri di formazione professionale dei percorsi regionali), ci sono state molte prese di posizione, proteste e manifestazioni, innanzitutto da parte degli stessi studenti, in particolare nei mesi scorsi.
Ma sulla sicurezza relativa ai Pcto ci soffermeremo in modo più specifico in un altro articolo.
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