La Corte di Cassazione penale, con sentenza n. 190/2018, accolse il ricorso del PM e rinviando gli atti, per un nuovo esame, al tribunale di Grosseto, sulla base delle seguenti considerazioni: “Il rischio, apprezzato in chiave generale su tutto il territorio nazionale, classificato per zone con indicazione, per ciascuna, della percentuale di esposizione all’evento sismico, si traduce nella mappatura dell’intero patrimonio immobiliare con attribuzione alle singole costruzioni di un indicatore del ‘rischio di collasso’, calcolato in ragione dell’esposizione al rischio sismico di zona. La inosservanza della regola tecnica di edificazione proporzionata al rischio sismico di zona, anche ove quest’ultimo si attesti su percentuali basse di verificabilità, integra pur sempre la violazione di una norma di aggravamento del pericolo e come tale va indagata e rileva ai fini dell’applicabilità del sequestro preventivo”.
Quindi secondo la Suprema Corte, la presenza di un «basso livello di rischio», rilevata in considerazione della ridotta sismicità del territorio, non costituisce una motivazione valida per ritenere idoneo all’uso un edificio pubblico: “La inosservanza della regola tecnica di edificazione proporzionata al rischio sismico di zona, anche ove quest’ultimo si attesti su percentuali basse di verificabilità, integra pur sempre la violazione di una norma di aggravamento del pericolo e come tale va indagata e rileva ai fini dell’applicabilità del sequestro preventivo”.
Pertanto, la sentenza ribadisce che in capo agli enti locali sussiste la responsabilità di verificare le condizioni di rischio degli immobili e di fissare le misure preventive da adottare, anche in caso di eventi caratterizzati da imprevedibilità (come nel caso degli eventi sismici).
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