I lettori ci scrivono

Signor Ministro, conservi la tesina all’Esame di Stato!

Non per niente, signor Ministro, nella precedente Legislatura vi era chi la voleva riporre nel cassetto dei vecchiumi, o nel migliore dei casi nel solaio delle “buone cose di pessimo gusto” di gozzaniana memoria.

Ben si capisce: non è un prodotto facilmente “misurabile” come, poniamo, una di quelle verifiche “a risposta multipla” che tanto piacciono a docimologi e didattisti. Neppure è operazione semplice appiccicarle sopra una di quelle “griglie di valutazione” che noi insegnanti abbiamo comunque imparato come utilizzare (ma forse dovremmo dire come difendercene), cioè assegnando mentalmente il voto e successivamente scomponendolo secondo le numerose e minuziose voci. Non rientra, insomma, nei canoni valutativi delle scuole pedagogiche d’oltre oceano, che la scuola italica ha chissà perché preso a modello.

Inoltre, la tesina è opera di un singolo studente, specchio delle sue inclinazioni, figlia dei suoi amori. Comprensibilmente quest’aura di individualismo poteva spiacere a chi – proveniente da esperienze comunitarie – ha piuttosto a cuore il pensiero condiviso. Ma Lei, che non sembra venire da questa cultura, consideri che l’elaborazione della tesina è, tra tutto ciò che lo studente fa nel quinquennio, l’esperienza scolastica che più sente sua, di cui maggiormente è protagonista: più di una lezione seguita con interesse, più di un’interrogazione ben sostenuta. Certo non bisogna lasciarlo solo in questa impresa, e creda che in tutti questi anni noi insegnanti ci siamo sufficientemente specializzati nel proporre (non imporre) contenuti, nell’illustrare come si selezionano e si citano le fonti, ascoltare pazienti, spiegare come rimanere in carreggiata, correggere in itinere errori frutto di sviste e di incauti entusiasmi: la tesina è un cammino individuale che si fa insieme.

Consideri infine che essa servirà come modello per i successivi lavori dello stesso tipo, ma più ponderosi e impegnativi. La tesi di laurea per esempio, ma non solo: ogni elaborato di un certo impegno e spessore: come si imposta, come si fanno gli indici, come le citazioni a piè di pagina … umili cose se vogliamo, ma che se nessuno le insegna, non è facile trovare per strada.

E non dia ascolto, Ministro, a quanti asseriscono che le tesine sono tutte scopiazzate. Noi insegnanti abbiamo imparato anche questo: basta digitare sul motore di ricerca il passaggio che non ci convince, ed ecco che il delitto, se c’è stato, viene alla luce.

Insomma Ministro Bussetti, ci rassicuri: non anneghi nella palude dei test a risposta chiusa uno dei non molti piaceri intellettuali che la scuola riserva ai ragazzi. Gli studenti italiani (Lei che è insegnante lo sa bene) non sono pecore da portare al pascolo. Neppure al grigio pascolo dei protocolli e delle certificazioni.

Alfonso Indelicato

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