E’ una riforma che non sembra nascere con il consenso della base: le perplessità di molti lavoratori, di ruolo perché temono per la titolarità dei posti che occupano, e dei precari, per il timore fondato di perdere il lavoro, sono state espresse in maniera pressoché unanime dai sindacati. Le prime esternazioni contrarie all’impianto di riforma sono giunte alla vigilia dell’approvazione dei tre regolamenti in Consiglio di ministri: al termine dell’incontro-informativa con il sottosegretario Giuseppe Pizza, svolto al Miur, era significativo il commento di dal coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, Rino Di Meglio, per il quale “è evidente che studenti e docenti delle classi vittime dei tagli non avranno più alcuna certezza rispetto ai percorsi didattici che hanno intrapreso. E resta un punto interrogativo anche il futuro degli insegnanti che, a causa della riduzione dell’orario, perderanno il posto di lavoro. In merito a ciò non è giunta alcuna risposta da parte del ministero che, ancora una volta, – ha concluso Di Meglio – si è dimostrato sordo alle nostre rivendicazioni, rifiutando di prendere in considerazione l’unica soluzione possibile: posticipare di un anno l’avvio della riforma“.
Il giorno dopo, subito dopo l’ok giunto dal Governo ed la conferenza stampa trionfalistica presieduta dal premier, Silvio Berlusconi, le critiche verso i nuovi licei, tecnici e professionali, non hanno escluso nessuno. Ad iniziare da Francesco Scrima, segretario Cisl Scuola, per il quale “al dato positivo di un avvio limitato alle sole classi prime e che vede coinvolte contestualmente tutte le filiere del sistema, si contrappone l’inaccettabile scardinamento dei quadri orario nelle classi successive“. Scrima appare molto realista (“l’impianto del nuovo ordinamento, con le sue luci e le sue ombre, è frutto di scelte del legislatore di cui non si può che prendere atto“), ma il Governo avrebbe eluso del tutto il confronto con il sindacato, senza considerare che quest’ultimo avrebbe potuto collaborare per ridurre la portata degli effetti su studenti e personale: per la sua approvazione sarebbe stato molto più utile avere “una base più ampia e solida di consenso” mentre si è preferito andare avanti a tappe forzate incuranti del “doveroso principio di gradualità, che la pesante manomissione dei quadri orari nelle classi successive alla prima disattende totalmente“.
Ancora più pesante il giudizio di Mimmo Pantaleo, leader della Flc-Cgil, per il quale “ciò che il Governo ha approvato non è una riforma ma solo una rigorosa applicazione dei tagli decisi dal Ministro Tremonti. La professionalità del personale – ha detto – ne esce svilita e vilipesa, tantissimi insegnanti e Ata saranno dichiarati in sopranumero, ci saranno ulteriori licenziamenti di precari. La decisione di ridurre l’orario anche nella classi successive alla prima nei soli istituti tecnici e professionali, accentua la separatezza tra i diversi segmenti, producendo nei fatti una divisione sociale grave ed inaccettabile tra i giovani sulla base del censo e delle condizioni sociali e culturali di partenza”. Pantaleo ha anche confermato che il 17 febbraio nel corso dell’assemblea nazionale della scuola secondaria superiore, aperta agli studenti, alle associazioni e alle forze politiche si decideranno le opportune iniziative di mobilitazione. Sempre più probabile che anche la scuola aderisca allo sciopero di quattro ore del pubblico impiego indetto dalla Cgil per il 12 Marzo.
Quel giorno, peraltro, ci sarà anche lo sciopero dei Cobas, con manifestazione nazionale a Roma: “la ‘riforma’ – ha detto il suo leader Enrico Bernocchi – non ha alle spalle alcun progetto didattico, come non ne avevano alle elementari la ‘maestra unica’ o la devitalizzazione del tempo pieno. Ci sono dunque le condizioni perché si sviluppi, qui ed ora, una forte opposizione alla ‘riforma’ da parte di docenti ed Ata, precari e ‘stabili’, studenti, genitori: dobbiamo intensificare subito la lotta, agevolando – ha conclusoil leader dei Cobas – la mobilitazione di tutto il popolo della scuola pubblica“.
Contro la riforma si è espressa anche la Uil Scuola, attraverso il suo segretario Massimo Di Menna: “vedo il rischio che, come al solito, – ha detto – si definisca un quadro normativo scaricando sulle scuole e sul personale la gestione della novità e gli effetti dei tagli. E’ del tutto incomprensibile che si effettui una riduzione di ore nelle classi seconde, terze e quarte degli istituti tecnici e professionali non coinvolte dai cambiamenti della riforma. Una tale procedura – ha concluso il leader della Uil di comparto – risponde soltanto a logiche economiche“”.
Sul piede di guerra anche lo Snals, che ha puntato il dito contro la mancata previsione di una ‘vera’ fase transitoria: “se non si introdurranno correttivi – ha minacciato il segreatario Marco Paolo Nigi –, lo Snals-Confsal sarà costretto ad assumere forti iniziative“.
Durissimo, infine, il giudizio dell’Unocobas, che attraverso il segretario nazionale, Stefano d’Errico, parla di “impianto minimalista” perché “il liceo classico di Gentile era una scuola seria, ed i programmi erano dovunque estesi e compiuti. Bene, cosa direbbe oggi Gentile di una ‘riforma’ che marginalizza il latino nel Liceo Scientifico? E della riduzione generalizzata delle ore per materia, che investe ogni ordine e grado di scuola?“.
Secondo d’Errico la riforma “non solo è priva di riferimenti a questa o quella tradizione politico-culturale, ma che non ha alcuna radice in Europa. Solo negli Usa – ha detto il leader Unicobas – la storia non è considerata materia curricolare, ma di mero approfondimento universitario: gli statunitensi studiano solo dalla rivoluzione americana in poi. Ecco l’esempio luminoso della ‘berluscuola’”.