Fra Governo e sindacati scuola siamo ormai vicinissimi al punto di rottura.
Sulle proposte unitarie delle principali organizzazioni né la Lega né il M5S (e per la verità neppure il Ministro) hanno detto qualcosa.
La distanza è sempre maggiore, tanto che ormai lo stato di agitazione è stato ufficialmente dichiarato.
Ma cosa chiedono di preciso i sindacati?
E’ presto detto: risorse per il rinnovo contrattuale, un piano per l’assunzione dei precari, organici adeguati e cancellazione del progetto di regionalizzazione dall’agenda del Governo.
Se si eccettua l’ultima voce, tutto il resto ha un costo significativo.
Per gli organici, stando anche solo al disegno di legge Azzolina che però esclude il personale ATA, ci vorrebbero un paio di miliardi a regime, per ridurre il precariato i calcoli sono più difficili ma sicuramente non si scende al di sotto di un miliardo; ma il nodo vero è quello del contratto perché se il Governo dovesse aprire i cordoni della borsa per la scuola, le confederazioni sindacali chiederebbero immediatamente soldi anche per il resto del pubblico impiego e tre miliardi sarebbe la cifra minima necessaria.
Insomma a conti, mal fatti peraltro, ci vorrebbero 6 miliardi: si tratta di una cifra per il momento del tutto fuori portata soprattutto se si considera che ormai molti indicatori economici fanno pensare che il Paese sta entrando in una fase di recessione non più tecnica ma strutturale.
I sindacati per parte loro sono ad un passo dalla proclamazione di uno sciopero nazionale del comparto scuola da calendarizzarsi nella prima decade di maggio.
Ma se il Governo dovesse aprire il confronto, i sindacati potrebbero essere costretti a dire se vogliono subito il contratto o gli organici o se intendono mettere in primo piano il tema del precariato. In ogni caso una buona parte del mondo della scuola potrebbe rimanere insoddisfatta.
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