L’anno scolastico è iniziato con la polemica nella città di Ferrara: Alan Fabbri, sindaco leghista alla guida dell’amministrazione emiliana, ha infatti deciso di ordinare 385 crocifissi e di metterli nelle aule delle scuole di proprietà del Comune che ne erano sprovviste.
Fabbri, scrive Il Resto del Carlino, ha affermato che si tratta di un simbolo «oltre che religioso, di identità storico-culturale, di pace e di amore, aperto a tutti e legato alle nostre radici cristiane e al rispetto delle tradizioni», ritenendolo, quindi, un simbolo di inclusione e non di divisione. Successivamente, al TG2 ha, anche precisato che «si tratta di un dono che facciamo alle scuole e poi la scelta sul lasciarlo o meno sarà del dirigente scolastico, dei professori e delle maestre».
Quindi, non vi sarebbe alcun obbligo. Ma certo deve considerarsi un atto deciso che ha spaccato l’opinione pubblica ferrarese, tra chi accoglie con positività l’iniziativa del primo cittadino e chi invece non ci sta e invece non approva vede l’operazione della giunta.
Fra i contrari ha senza dubbio avuto risonanza la lettera che il maestro elementare Mauro Presini ha inviato all’assessore all’istruzione Dorota Kusiak.
L’insegnante ha annunciato che non metterà il crocifisso nelle sue aule: “Rifiuto il crocefisso con cui Lei doterà le scuole ferraresi indipendentemente dal mio credo religioso, dal mio bisogno di fede, dalla mia ricerca di spiritualità, dal mio orientamento politico”, riporta il sito locale Estense.com.
“Molti possono pensare che la Sua sia una scelta ininfluente che non cambierà il modo di insegnare dei docenti; io penso invece che sia una scelta simbolica condizionante che non va nella direzione di una scuola accogliente e inclusiva, di cui parla la normativa scolastica nazionale” spiega Presini nella lettera che “con chiarezza e senza ipocrisia”, annuncia che “non esporrò il crocefisso nell’aula che frequento insieme alla mia classe di bambini e bambine di scuola primaria”.
Il docente è consapevole che sarà accusato di fare politica a scuola“, ma si difende in anticipo: “Penso che gli insegnanti non debbano connotare il proprio ruolo educativo in classe con una visione “partitica” della realtà ma, proprio in quanto educatori, non possano fare a meno di fare politica in classe”.
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