Dopo l’entrata in Gazzetta Ufficiale del decreto legge approvato il 6 aprile 2020 dal Consiglio dei Ministri, abbiamo intervistato Francesco Sinopoli Segretario Generale della FLC CGIL Nazionale.
Non esiste il rischio che il dl del 6 aprile 2020, scritto in maniera molto semplificata, possa andare a toccare per quanto riguarda la didattica a distanza, attraverso ordini di servizio dei Dirigenti scolastici, la libertà di insegnamento e di valutazione dei docenti?
Il decreto richiamato dà un fondamento giuridico a una pratica di insegnamento che, in quanto emergenziale e del tutto inedita, non era contrattualmente prevista. Non interviene, e non potrebbe farlo, sulle scelte metodologiche, sui tempi e sull’individuazione di obiettivi, contenuti, criteri di valutazione che attengono alla libertà di insegnamento di ciascun docente nella cornice delineata dalla progettazione pedagogica, organizzativa, didattica di competenza degli organi collegiali come abbiamo scritto fin da subito nel nostro fascicolo sulla didattica distanza. Come praticare la didattica a distanza e come utilizzarla anche nei processi di valutazione è nella totale disponibilità della comunità docente e delle istituzioni scolastiche.
Quali sono i problemi di natura contrattuale che stanno emergendo con l’utilizzo selvaggio della didattica a distanza?
Continua a porsi con forza il problema di come regolare la prestazione lavorativa del personale, con particolare riguardo ai carichi di lavoro, alla strumentazione tecnologica utilizzata, al rispetto del diritto di disconnessione. Questi aspetti, relativi al rapporto di lavoro, non possono essere gestiti dall’amministrazione, ma necessiterebbero di un’apposita intesa con il sindacato, con cui, al contrario, a partire dai contenuti del decreto non è stato discusso in alcun luogo. È chiaro che se nella definizione delle ordinanze e dei provvedimenti attuativi non vi sarà il pieno coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori che, a differenza di quello che pensa la Ministra, non sono meri organi tecnici consultivi a disposizione del ministero, si apriranno spazi di conflittualità diffusa in tante scuole.
Didattica a distanza obbligatoria per i docenti, era un provvedimento indispensabile?
Peraltro, visto l’impegno dei docenti nel raggiungere, in tutte le modalità possibili, gli studenti e ripristinare un minimo di consuetudini educative, non vi era alcun bisogno di un provvedimento che rendesse obbligatoria la didattica a distanza. Nelle situazioni di impossibilità, per mancanza di mezzi o di connessioni internet, o a causa dei costi per molti non sopportabili, parliamo di almeno 1,6 milioni di studenti, tale disposizione rimarrà comunque lettera morta.
E ne verrebbe colpita proprio quella parte di docenti che operano nei contesti più difficili, coloro che tentano di entrare in contatto con i ragazzi più preziosi per il sistema pubblico di istruzione, i dispersi, quelli ai margini di un tessuto sociale, culturale ed economico. Esattamente il contrario di quello che servirebbe ora al nostro Paese.
Come giudica i provvedimenti del dl scuola sulla chiusura dell’attuale anno scolastico e sull’avvio del prossimo?
Distinguiamo i problemi: da un lato, ci sono le disposizioni che riguardano la chiusura dell’anno scolastico in corso e, dall’altro, quelle che riguardano l’avvio del prossimo. Sul primo versante le soluzioni proposte, anche se – di molto – migliorabili, rispondono in qualche misura all’emergenza sanitaria in corso; sul secondo versante, invece, quanto previsto per l’inizio del prossimo è davvero inaccettabile perché la Ministra “dimentica” totalmente che per recuperare quanto perduto in tanti mesi saranno necessari forti investimenti in tempo scuola, organici docenti e Ata, laboratori, edilizia scolastica e sicurezza. Pensare che con la didattica a distanza si possano risolvere tutte, o quasi, le questioni che dovremo affrontare alla riapertura del nuovo anno scolastico denota una grave sottovalutazione dei problemi.
Pensa che dietro la didattica a distanza si celino interessi particolari?
Non possiamo sottacere i grandi interessi economici che si celano dietro alcuni sponsor dei modelli totalizzanti di “didattica a distanza” da rigettare in toto per gli ovvi limiti pedagogici e per la loro assoluta contrarietà rispetto alla missione della scuola che è fatta di partecipazione, confronto tra pari, socializzazione. E senza dimenticare, mai le enormi differenze tra i diversi gradi di scuola. Ha ragione da ultimo il professor Novara quando sostiene che “ più deboli restano i piccolini a cui nessuno in questo momento sta pensando”. È proprio così, se si rende obbligatoria e organica la didattica a distanza a rimetterci saranno i “piccolini” e le loro maestre. Ogni età e ogni classe di scuola ha le sue dinamiche e i suoi tempi, non solo nella fase dell’apprendimento, ma soprattutto in quella della maturazione come persone.
Servirebbe inoltre ragionare sulle modalità con cui avviene la didattica a distanza perché è forte il rischio che si esaurisca in una mera trasmissione verticale di nozioni. Le ricadute anche sulla valutazione degli studenti sono inevitabili: se la didattica a distanza di fatto si configura come una riproduzione da remoto di una lezione frontale, anche la valutazione potrà avvenire secondo gli stessi parametri.
Qual è lo scopo e la funzione della didattica a distanza in questo momento di emergenza?
Lo ribadiamo con nettezza: la didattica a distanza quale forma esclusiva di relazione educativa ha una funzione eccezionale, ma nessuno può pensare che esaurisca il ruolo della scuola. Conseguentemente per noi la valutazione, soprattutto in questa fase difficile, non può che avere un valore formativo di ricerca, individuazione e consapevolezza da parte di ciascuno studente dei propri punti forza e di debolezza. Una valutazione che aiuti i ragazzi e tutti noi a non perdersi in un oceano di problemi a cui non sappiamo dare risposte, ma a ritrovarsi per ricercare insieme chiavi di lettura di ciò che stiamo vivendo e per riprendere, al più presto, il percorso interrotto.
Le relazioni sindacali tra i sindacati firmatari del CCNL scuola e la Ministra Azzolina sembrano non esistere, sembra che il sindacato sia diventato marginale nell’affrontare questa emergenza; è solo un’impressione o, effettivamente, ci sono delle difficoltà nel confronto tra le parti?
Stiamo assistendo a qualcosa di più della pura e semplice conflittualità con le organizzazioni sindacali. È chiaro il tentativo di modificare in maniera permanente l’attuale sistema delle relazioni sindacali, a favore di un modello in cui il ministero, anche quando si sarà tornati alla “normalità”, deciderà tutto senza sentire chi rappresenta centinaia di migliaia di lavoratori di questo settore, considerando la rappresentanza sindacale un ostacolo all’attività ministeriale. Si tratta di una strada imboccata dalla ministra già prima e che va al di là della fase dell’emergenza, ma ancora più grave in questo frangente.
Quali orizzonti prevede in futuro per risolvere i gravi problemi che dovranno essere affrontati per la conclusione di questo anno scolastico e l’avvio del prossimo?
Il confronto e la condivisione delle scelte hanno sempre caratterizzato i momenti più importanti e di svolta nella storia del nostro sistema educativo. Senza di essi l’avvio del nuovo scolastico si aprirà in uno scenario difficile, conflittuale e aggravato da una idea sbagliata, ovvero, che alle difficoltà per l’assenza di investimenti, si risponderà semplicisticamente con la didattica a distanza, dimenticando alunni e studenti in difficoltà di cui la scuola pubblica dovrebbe farsi carico prioritariamente e ignorando , lo ripeto, che una parte significativa del sistema scolastico, come la scuola dell’infanzia e la scuola primaria, fondano la relazione educativa su canali di comunicazione affettivo relazionali non riproducibili on line. Infine, ricordo che anche in questa situazione di grave emergenza, il CCNL non è stato abrogato e neanche le norme che regolano le relazioni sindacali. Combatteremo con determinazione e senso di responsabilità modelli pseudo-autoritari di cui la scuola non ha alcun bisogno e continueremo a dare voce a chi nelle istituzioni scolastiche cura la formazione di cittadini consapevoli e responsabili.
Nel decreto legge scuola approvato dal Consiglio dei Ministri del 6 aprile 2020, c’è il blocco dell’aggiornamento e la riapertura delle graduatorie di Istituto II e III fascia dei docenti per fare fronte alle tante supplenze per l’anno scolastico 2020/2021. La vostra proposta di aggiornare queste graduatorie in modalità digitale non è stata tenuta in alcun conto. Quali potrebbero essere le conseguenze della scelta di rinviare di un anno aggiornamento e riapertura di queste graduatorie?
La nostra proposta si basa su una consapevolezza: il prossimo anno scolastico, vista la scelta sbagliata della Ministra Azzolina di non stabilizzare docenti precari con tre anni di servizio secondo modalità semplificate, trasformando il concorso straordinario in un concorso per titoli, partirà con un numero di precari davvero senza precedenti, quasi sicuramente avremo oltre duecentomila supplenti. In assenza di nuove graduatorie di istituto, in molti territori, soprattutto del nord, si utilizzeranno diffusamente le messe a disposizione (MAD). Di fatto chiamate dirette senza alcun controllo. Insomma il caos è assicurato e di questo la Ministra sembra non curarsi affatto. La nostra proposta è semplice, ragionevole e fattibile: aggiornamento delle graduatorie con un numero limitatissimo di titoli valutabili (oltre al servizio, titoli di studio e abilitazioni all’insegnamento), procedura online con restituzione immediata e automatica del punteggio da parte del sistema informativo. E’, quindi, indispensabile la stabilizzazione attraverso una procedura semplificata del personale precario: la Ministra non si rende conto che le procedure normali di immissioni in ruolo sono inservibili in questa fase. Se davvero si vuole aprire il 1 settembre l’anno scolastico con una scuola pronta a farsi carico del normale svolgimento delle lezioni, a cui aggiungere il recupero del tempo perduto, occorre avere i docenti ai propri posti senza balletti di insegnanti che durano quattro mesi con conseguente scardinamento della continuità didattica, necessaria a maggior ragione nel momento in cui bisognerà andare in contro all’esigenza di recuperare una dimensione piena della scuola.
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