Sono almeno 250mila i bambini che vivono nelle aree assediate della Siria, il 46,6% delle vittime in queste zone sono bambini al di sotto dei 14 anni. I bambini vivono privi di tutto, sono gravemente malnutriti perché costretti a mangiare cibo per animali o foglie, muoiono perché hanno accesso a medicinali che si trovano soltanto dall’altro lato dei checkpoint, in zone in cui meno dell’1% della popolazione è riuscita a ricevere aiuti alimentari e solo il 3% ha ricevuto assistenza sanitaria. Bambini che vagano in cerca di qualcosa da bruciare per scaldarsi e resistere al gelo dell’inverno, terrorizzati dai bombardamenti e dalle tremende violenze a cui assistono. Tanti i bambini arruolati, alcuni di soli 8 anni. Nel solo 2015, il 22% dei bombardamenti aerei è avvenuto su aree assediate, dove si registra un aumento nell’uso della droga da parte dei giovanissimi, nonché degli abusi sessuali su adolescenti e dei matrimoni precoci.
‘I bambini stanno morendo per mancanza di cibo, di medicine o per cause assurde come l’ingestione accidentale di veleni mentre scavano alla ricerca di qualcosa da mangiare. E a pochi chilometri da loro ci sono magazzini colmi di aiuti. I bambini vivono in vere e proprie prigioni a cielo aperto, dove i cecchini sparano a chiunque tenti di scappare. Sono tagliati fuori dal mondo, insieme alle loro famiglie e circondati da gruppi armati che utilizzano l’assedio ai civili come arma di guerra.
Per questo, a cinque anni dall’inizio del conflitto in Siria, Save the Children lancia il rapporto ‘Childhood under siege – Infanzia sotto assedio’.
Dall’inizio della guerra in Siria sono 6,6 milioni le persone sfollate all’interno del Paese e 4,7 milioni quelle che sono fuggite nei Paesi confinanti e in Europa. Si stima che i morti siano tra i 250mila e i 400mila. L’assedio ai civili è diventata una tattica di guerra dall’inizio del 2011, quando a Daraa il governo decise di privare la popolazione di elettricità, acqua e cibo per 11 giorni.
Da allora il numero delle città e delle aree assediate continua ad aumentare. Morire per la mancanza di dottori e medicine Nella città assediata di Moadamiyeh, pochi chilometri a sud-ovest di Damasco, i medici non hanno più flebo per i neonati e sono costretti ad utilizzare le sacche per i cateteri. Molte vite sono state salvate, ma tre neonati sono morti a causa di un’infezione. I medici operano con i mezzi che hanno, alla luce delle candele e utilizzando vecchi tubi per l’acqua come tubi per la ventilazione. Le famiglie vagano per le strade cercando scarti di lenzuola o vestiti abbandonati che fanno poi bollire, nel tentativo di sterilizzarli, per utilizzarli come bende. ‘Molti bambini sono morti a causa della rabbia; le malattie della pelle e dell’apparato digerente sono diffusissime perché è stata interrotta la fornitura dell’acqua e le persone utilizzano quella che trovano nei pozzi di superficie, spesso inquinata dai liquami. I bambini in particolare soffrono di infezioni e infiammazioni respiratorie causate dal fumo delle esplosioni.
Bambini malnutriti ovunque. La fame nelle aree assediate non ha altra causa che la volontà umana: gli alimenti di base sono spesso disponibili a pochi chilometri dai checkpoint, ma non possono essere portati all’interno.
Molti bambini non hanno mai visto una mela o una pera. Non hanno mai assaggiato un pollo e non mangiano verdura da un mese. Vagano stravolti dalla fame. I neonati corrono rischi fortissimi: nelle aree assediate, dove il cibo scarseggia, l’allattamento al seno (che già prima del conflitto era diffuso in via esclusiva per i primi 6 mesi solo nel 44% dei casi) potrebbe salvare la vita a molti bambini, consentendo anche di prevenire infezioni, ma le condizioni di salute delle madri sono molto precarie.
La situazione per le madri che allattano è terribile e spesso le donne non hanno latte a sufficienza per i bambini perché non mangiano abbastanza e così peggiora la salute sia delle madri che dei bambini.
L’accesso per le organizzazioni umanitarie a queste aree è di fatto inesistente e si è fortemente ridotto negli ultimi anni. Nel disperato tentativo di trovare cibo e medicine, l’esigenza dell’istruzione è spesso messa in secondo piano. La distruzione del sistema educativo rischia invece di creare una ‘generazione perduta’ nelle aree assediate della Siria, in alcune delle quali più della metà dei bambini non frequenta la scuola per mancanza di strutture o problemi di sicurezza. Negli ultimi quattro anni, una scuola su quattro è stata attaccata (per un totale di 4.000 scuole attaccate) e un insegnante su cinque è stato ucciso. Sono 2,8 milioni i bambini che non vanno a scuola, eppure prima del conflitto la Siria aveva un tasso di iscrizione a scuola del 99%. Anche molti di coloro che invece vanno a scuola, fanno lunghe assenze di mesi o addirittura anni a causa degli spostamenti e dei bombardamenti delle scuole.
C’è addirittura una scuola in cui gli insegnanti hanno cominciato a tenere lezioni sotto terra, dopo che era stata colpita per ben due volte dai missili, che oggi è frequentata da 1.300 bambini, la maggior parte dei quali orfani. ‘Non ci sono più bambini, ma solo piccoli adulti’
I luoghi dove i bambini dovrebbero sentirsi al sicuro, come la scuola o i parchi giochi, si trasformano in luoghi di morte. Quasi tutti i genitori raccontano che i bambini hanno cominciato ad avere comportamenti aggressivi legati a sentimenti di rabbia e paura, molti si isolano e non vogliono uscire di casa per il terrore dei bombardamenti. Alcuni di questi comportamenti sono acuiti anche dalle conseguenze della malnutrizione.
Molti bambini, a causa della povertà o della morte dei genitori, si devono prendere responsabilità che spetterebbero agli adulti e sono obbligati ad andare al lavoro o a rovistare per le strade in cerca di qualcosa che si possa vendere o mangiare. Molti passano le giornate a raccogliere pezzi di legno o plastica da bruciare e sono stati riportati casi di bambini rapiti mentre svolgevano queste attività.
Gli operatori umanitari segnalano un incremento nell’uso delle droghe da parte dei giovanissimi e degli abusi sessuali su adolescenti.
I gruppi armati approfittano della disperazione dei bambini e li reclutano per andare a combattere sulla linea del fronte, perché per loro è l’unico modo di avere garantito un pasto al giorno. Alcuni gruppi armati pagano fino a 150 dollari al mese, altri solo 50 dollari. ‘Al compimento dei 12 anni hanno già chi fa loro pressione per impugnare una pistola e combattere’, racconta un operatore umanitario. In alcune aree i bambini vengono reclutati già a otto anni.
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