Marianna Madia, ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, in una lettera al direttore di Repubblica scriveva: “Tutti noi ci rendiamo conto ogni giorno che tutto è troppo complicato (…) negli anni sono state fatte troppe leggi, scritte male, abbiamo troppi livelli di governo con competenze confuse a cui si somma un proliferare, su molte norme, di pareri e circolari“.
Tutto questo vale a maggior ragione per la scuola, un sistema soffocato da un’enorme mole di burocrazia inutile. Una matassa ingarbugliata di disposizioni successive e spesso contraddittorie. La burocrazia che grava sulla scuola rallenta, quando non blocca del tutto, ogni processo di innovazione e di miglioramento.
Nella scuola si fatica a portare a termine le procedure più urgenti e necessarie, come gli acquisti o i servizi per gli studenti, perché le stesse complesse e farraginose procedure previste per enti che governano centinaia di milioni di euro vengono imposte anche al piccolo istituto di periferia, con un bilancio di poche decine di migliaia di euro ed una segreteria sguarnita.
Il governo degli istituti scolastici è debole: ai dirigenti delle scuole non sono assegnati strumenti decisionali chiari e diretti e l’autonomia amministrativa resta da quasi vent’anni solamente sulla carta.
Contemporaneamente, sui presidi si vanno scaricando sempre maggiori responsabilità senza affidare loro poteri adeguati. Nell’immaginario collettivo e sui media, il dirigente scolastico è ormai solo “quello che non provvede”, “quello che non fa”, dimenticando che, mentre ha la responsabilità di tutto ciò che avviene nella scuola, non può contare su corrispondenti e necessari poteri esecutivi.
Abbiamo quindi il dirigente “datore di lavoro”, ma con personale assegnato automaticamente dallo Stato, senza alcuna possibilità di intervento; il dirigente “responsabile della sicurezza”, senza poteri operativi sugli edifici; il dirigente “responsabile amministrativo” prigioniero di mille costrizioni burocratiche; il dirigente “responsabile dei risultati di apprendimento” che non può intervenire sulla qualità dei docenti che hanno a che fare con i ragazzi.
Per aumentare la confusione nel governo delle scuole, si aggiunga la quantità di Enti che, a vario titolo, hanno competenza su di esse: dal Ministero con le sue varie articolazioni decentrate (uffici centrali, regionali e provinciali), ai Comuni, dalle Province alle Asl, fino ad autorità quali AGID e ANAC (l’Autorità Nazionale Anticorruzione, che ha preso di mira le scuole come fossero amministrazioni ad alto rischio di corruzione).
Ognuno di essi esercita le propria influenza in modo non coordinato con gli altri: spesso la scuola non viene nemmeno consultata e può solo restare a guardare. Si pensi, ad esempio, ai gravissimi problemi di edilizia scolastica!
Allo stato attuale, il dirigente scolastico è inoltre l’unica figura ad essere valutata nel mondo della scuola. Da quest’anno sarà sottoposto ad una lunga e complessa verifica esterna, con ricaduta sulla retribuzione.
Senza poteri, ma valutato sui risultati, e con uno stipendio ridotto alla metà rispetto agli altri dirigenti pubblici che hanno mansioni decisamente inferiori!
Guardandosi un po’ intorno, si notano ben altre organizzazioni dei sistemi scolastici, virtuosi esempi di buon governo. Nei paesi del Nord, l’amministrazione centrale supporta, non ostacola.
Le scuole sono dotate di una vera autonomia di gestione ed organizzazione, e devono rispondere a precisi standard. In genere, lo snellimento amministrativo è evidente. E’ anche vero che esiste nella maggior parte dei casi una valutazione molto rigida, con conseguenze dirette sui dirigenti, ma a fronte di normative statali che permettono alle scuole di agire efficacemente sulla qualità da perseguire.
Detto in due parole: decidere, scegliere, assumere, licenziare, programmare risorse… per poi essere valutati.
Sembrano dettagli, forse, ma sono il cuore dei problemi della scuola pubblica. Il freno a mano per un rapido processo di cambiamento. La dimostrazione di un sistema che sta implodendo su stesso.
Un anno fa, alcuni dirigenti scolastici che fanno riferimento al gruppo Facebook Dirigenti Scolastici Italiani (più di 1.800 membri) hanno promosso il movimento di idee “Liberare la scuola”, per sollecitare l’opinione pubblica, la politica, il mondo della cultura, invitandoli a prendersi carico di quei macroscopici problemi che distolgono energie e risorse dagli obiettivi principali del sistema scolastico, cioè migliorare e rinnovarsi, per realizzare buone opportunità per tutti gli studenti.
Sono state raccolte più di 1.600 firme a sostegno di un documento, nel quale si individuano alcune macroscopiche difficoltà da risolvere, premettendo che il primo step deve essere quello di affidare alle scuole la responsabilità “reale” di quello che fanno, trasformandole in comunità che si auto-governano all’interno di una cornice generale condivisa, superando l’attuale farsadelle responsabilità formali in assenza di autonomia sostanziale.
La proposta è semplice, al limite della banalità: reale valorizzazione dell’autonomia scolastica.
Lo Stato fissi gli obiettivi (il cosa) e verifichi poi il loro raggiungimento, ma non si occupi del come si raggiungono nel modo così dettagliato (quasi ossessivo) praticato oggi. Le scuole realmente innovative in giro per il mondo hanno ampi margini di libertà sull’organizzazione del curricolo e delle attività didattiche, incluso il monte ore disciplinare.
Il sistema attuale, a dispetto della formale autonomia, è invece estremamente rigido e centralizzato; riduzione drastica della burocrazia, in considerazione della dimensione e della specificità del servizio, e semplificazione amministrativa: per ogni norma esistente e per tutte le nuove emanate, che prevedano un impatto amministrativo, prevedere già nella normativa primaria articoli specifici relativi all’applicazione semplificata nelle istituzioni scolastiche.
Per il momento, poche risposte a livello istituzionale. Nel frattempo aumenta la gogna mediatica, che pone il preside al centro dei mali della scuola. Ma è davvero così…? Fa comodo, forse, trovare un capro espiatorio piuttosto che ricercare soluzioni radicali ed efficaci, che elevino finalmente lo status delle scuole italiane.
Per saperne di più visita il sito www.liberarelascuola.it
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