Quando si parla di scuole private (paritarie e non) il pensiero va molto spesso ai cosiddetti “diplomifici”, ma se andiamo a leggere i dati ufficiali scopriamo che le cose non stanno esattamente in questo modo.
Secondo il recente rapporto pubblicato dal Miur nel 2012/2013 gli alunni delle scuole paritarie erano poco più di un milione, così suddivisi: 134mila studenti di scuola superiore (32.500 in Lombardia, 15.500 in Lazio, 24mila in Campania e 17mila in Sicilia) e 70mila alunni di secondaria di primo grado (quasi 26mila sono in Lombardia).
Ma i numeri più importanti riguardano la scuola primaria (191mila scolari) e la scuola dell’infanzia (642mila).
E’ interessante osservare che le paritarie dell’infanzia sono diffuse soprattutto in Lombardia (159mila bambini), in Veneto (92mila), in Emilia-Romagna (61.500), in Lazio (61mila) e in Campania (55mila).
Ma cosa accadrebbe se nell’arco di un paio di anni al sistema paritario venisse a mancare il contributo dello Stato ?
Prendiamo ad esempio la scuola dell’infanzia: se tutti i 642mila bambini dovessero transitare dall’oggi al domani nella scuola statale sarebbe necessario aprire almeno altre 25mila sezioni, corrispondenti a 50mila insegnanti per un costo di almeno unmiliardo e 300milioni di euro. Soldi che attualmente non ci sono, tanto è vero che già dove le famiglie non riescono a trovare posto né nella scuola statale né nella paritaria devono accettare la “lista d’attesa” e aspettare che si liberi qualche posto in una scuola anche lontana dall’abitazione.
Il nostro conto riguarda solo le spese per il personale docente, ma se si considerano anche le altre spese (collaboratori scolastici, arredi, materiali e così via) il problema si complica non poco.
Senza considerare che spesso mancano anche gli edifici adatti.
Forse, prima di affermare in modo ideologico che le scuole paritarie vanno chiuse e tutto deve stare nelle mani dello Stato bisognerebbe fare due conti, in modo sereno e oggettivo.
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