Categorie: Didattica

Skills shortage e mismatch: difetti di fabbrica degli istituti professionali

In un articolo pubblicato su Avvenire.it dal titolo “Aprire veri cantieri per cambiare la scuola” si scrive: “Per gli istituti professionali occorrerebbe una riforma radicale: così non va. Un’ipotesi potrebbe essere farli confluire nell’istruzione tecnica dotandoli di uno statuto speciale: più ore di laboratorio, contratti per docenti specialisti provenienti dai settori produttivi, flessibilità e personalizzazione dei percorsi, diploma in alternanza scuola lavoro e in apprendistato. Una strada che dovrebbe andare di pari passo con il potenziamento e la messa a regime della formazione professionale che in alcune regioni da ottimi risultati”.

 

A tal proposito si ricorda che oggi in teoria, dopo l’ultima riforma, l’identità degli istituti professionali si caratterizza per una solida base di istruzione generale e tecnico-professionale, che consente agli studenti di sviluppare, in una dimensione operativa, saperi e competenze necessari per rispondere alle esigenze formative del settore produttivo di riferimento, considerato nella sua dimensione sistemica per un rapido inserimento nel mondo del lavoro e per l’accesso all’università e all’istruzione e formazione tecnica superiore. Però nella realtà alcuni dati statistici ci dicono che quasi la metà dell’elevata disoccupazione giovanile italiana è figlia di skills shortage (letteralmente “carenza di abilità”) e del mismatch tra percorsi formativi seguiti e offerte di lavoro da parte delle imprese.

 

Quindi si propongono ricette risolutive del problema occupazione basate su un ripensamento generale del sistema formativo: più istruzione tecnica di modello tedesco, più lauree brevi professionalizzanti, più lauree magistrali tecniche, più autonomia degli istituti e delle università a ogni livello, più diretta compartecipazione nei modelli formativi e di affiancamento al lavoro tra istituzioni della formazione e imprese. Saranno le giuste soluzioni? Vedremo, però una cosa è certa, ridurre il monte ore delle lezioni (passare da 5 a 4 anni di scuola secondaria di secondo grado ) non farà bene a conoscenze e competenze applicative degli istituti professionali.

Aldo Domenico Ficara

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