IUna recente indagine del Censis ha misurato i maggiori rischi associati allo smart working secondo l’opinione dei lavoratori.
Innanzitutto, la perdita di socialità garantita dal rapporto diretto e quotidiano con il colleghi (48,8%), poi il fatto di dover lavorare in un contesto inadeguato in termini di disponibilità di spazio e di dotazioni (40,4%), il pericolo di lavorare più a lungo dell’orario previsto e di non poter più controllare il confine tra lavoro e non lavoro (36,3%), l’assunzione dei costi legati alla connessione e ad altri servizi che la postazione di lavoro richiede (29,7%), le minori opportunità di crescita professionale e di carriera (22,0%).
Durante la Fase 2 della crisi causa Covid-19, la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ha elaborato una analisi dettagliata dell’occupazione femminile in Italia attraverso il report “Mamme e lavoro al tempo dell’emergenza Covid-19”. Tre milioni le donne madri con almeno un figlio di età inferiore a 15 anni – pari al 30% delle occupate totali (9 mln 872 mila) – saranno in affanno nei mesi futuri considerando sia lo scenario incerto di riapertura delle scuole, sia la carenza di servizi dedicati alla gestione del tempo libero dei giovanissimi.
Da questo report dei Consulenti del Lavoro è possibile notare come nei due mesi di lockdown le donne con figli abbiano lavorato più dei padri: su 100 donne occupate con almeno un figlio con meno di 15 anni, 74 hanno lavorato ininterrottamente, il 12,5% ha ripreso il lavoro dallo scorso 4 maggio mentre il 13,5% dovrebbe ritornare alla propria attività entro la fine del mese.