Non si sono fatte attendere le precisazioni della ex ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, verso l’iniziativa avviata dal capogruppo di Forza Italia alla Camera, Mariastella Gelmini, anche lei ex responsabile Miur, di presentare in Parlamento un ddl per proibire l’uso dei telefoni cellulari in classe. La Fedeli, con una lunga nota, ricorda che l’uso libero degli smartphone nelle scuole è già non consentito.
“Il Parlamento francese – sostiene la democratica confermata senatrice in seno al Pd – ha approvato una proposta di legge che vieta l’utilizzo degli smartphone in classe. Sulla scia di questa notizia c’è chi, in Italia, invoca un analogo divieto. E la un testo che va in questa direzione. Inviterei tutti a riportare il dibattito ai fatti. E i fatti sono: primo, in Italia l’uso personale dello smartphone in classe è vietato dal 2007 con decreto del Ministro Fioroni, divieto in essere e condiviso”.
Poi, Fedeli affronta anche altri punti: “secondo, la proposta di legge francese prevede, accanto al divieto, delle eccezioni per specifiche attività didattiche; terzo, qualunque iniziativa di tipo parlamentare deve necessariamente tener conto dell’autonomia scolastica, che non può essere negata; quarto, se Gelmini invoca nuove norme affinché – cito – ‘ci sia un uso consapevole di questi dispositivi digitali, solo se in linea con la didattica’, ricordo che ciò è esattamente quanto il Ministero ha voluto favorire nei mesi scorsi costituendo una commissione ad hoc composta da pedagogisti, filosofi, esperti di comunicazione, docenti e dirigenti scolastici”.
“Sempre per riportare il dibattito ai fatti – aggiunge Fedeli -, ricordo anche che la scelta di far insediare una commissione ad hoc discendeva dall’intento di educare ad un utilizzo consapevole dei device le nuove generazioni. Lasciare semplicemente nelle mani di ragazze e ragazzi gli smartphone o, all’opposto, limitarsi a vietarne l’utilizzo porterebbe o a deresponsabilizzare gli adulti dal proprio compito educativo o a tenere la scuola lontana da uno spazio tecnologico ma anche sociale e culturale oggi determinante nella vita dei giovani e non solo”.
La puntualizzazione delle Fedeli era stata da noi anticipata: senza volere commentare la proposta del ddl, avevamo infatti ricordato che “senza entrare nel merito dell’iniziativa dell’on. Maria Stella Gelmini, ci permettiamo di ricordare che l’utilizzo dei telefoni cellulari in classe è di fatto già presente. L’ultima regolamentazione che disciplinava l’uso del cellulare, risale al 2007: è una circolare emanata dall’allora ministro Giuseppe Fioroni, che bandiva l’uso del cellulare a scuola con parole nette e chiare”.
In difesa della forzista Maria Stella Gelmini, si pone Valentina Aprea, anche lei deputata di Forza Italia ed ex sottosegretario al Miur: “Cara Fedeli, lontano da ogni ideologia, – dice Aprea – occorre avere l’onestà intellettuale di riconoscere che su questo argomento nel nostro Paese non c’è una legislazione chiara e ben applicata e che dunque – potenziando e salvaguardando ovviamente l’utilizzo della didattica digitale – serve un ulteriore passaggio normativo per dare risposte semplici e concrete ai dirigenti scolastici, agli insegnanti, alle famiglie, e anche per combattere il fenomeno del cyberbullismo”.
“Le iniziative degli scorsi anni di Fioroni e Fedeli saranno un buon punto di partenza, ma certamente non sono un punto di approdo definitivo. Occorre trattare e risolvere questa delicata questione una volta per tutte”, conclude Aprea.
Intanto, un sondaggio condotto da Skuola.net, malgrado gli attuali divieti, sembrerebbe dare ragione a chi chiede interventi più radicali: dal sondaggio risulta che “il 45% degli studenti italiani usa tranquillamente lo smartphone in aula per scopi personali: 16% per chattare con gli amici, il 13% per controllare cosa succede sui social network, il 12% per fare ricerche su Internet (magari per aiutare i compagni durante le interrogazioni), il 4% per svolgere i compiti in classe o direttamente per giocare”.
Sempre secondo i dati di skuola.net, “circa 1 alunno su 10 sostiene che tutti i suoi professori hanno ‘adottato’ il cellulare per spiegare; nel 47% dei casi, invece, solo alcuni docenti lo fanno. A più di 1 ragazzo su 3 – il 36% – viene chiesto di usarlo per approfondire le spiegazioni; nel 13% dei casi per consultare App durante lezioni e compiti in classe; la stessa percentuale (13%) lo sfrutta per prendere appunti e organizzare lo studio”.
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