Il telefonino è “uno strumento che facilita l’apprendimento”. Si tratta di “una straordinaria opportunità”.
La ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli conferma dunque, nell’intervista a Repubblica già ripresa dalla Tecnica della Scuola, la volontà di introdurre, nel breve periodo, l’utilizzo degli smartphone da parte gli alunni per fini didattici.
“Li vedo e li frequento, i ragazzi. E so che non si può continuare a separare il loro mondo, quello fuori, dal mondo della scuola”, per questo “da venerdì prossimo una commissione ministeriale s’insedierà per costruire le linee guida dell’utilizzo dello smartphone in aula. Entro breve tempo avrò le risposte e le passerò con una circolare agli istituti”.
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Detto questo, la Fedeli ritiene che l’opportunità dello smartphone da utilizzare per fini didattici “deve essere governata. Se lasci un ragazzo solo con un tablet in mano è probabile che non impari nulla, che s’imbatta in fake news e scopra il cyberbullismo. Questo vale anche a casa.
Se guidato da un insegnante preparato, e da genitori consapevoli, quel ragazzo può imparare cose importanti attraverso un media che gli è familiare: internet. Quello che autorizzeremo non sarà un telefono con cui gli studenti si faranno i fatti loro, sarà un nuovo strumento didattico”, conclude la ministra.
Un ragionamento che non fa una piega. Un dubbio, però, sorge: chi assicura che docenti e, soprattutto, le famiglie, sono sufficientemente pronti per guidare i giovani all’uso consapevole e corretto di smartphone e tablet?
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