Dopo la circolare firmata dal ministro Valditara, l’11 luglio scorso, per vietare l’uso del telefono a scuola anche per fini didattici, come era prevedibile si è aperto il dibattito e all’interno di questo nuovo arcipelago di proposte, viene ripresa quella di dare il patentino per il loro uso.
E a tale scopo Il Fatto Quotidiano fa riferimento alla sua prima sperimentazione, dopo i casi gravi di cyberbullismo risalenti al 2017.
Allora “famiglie e insegnanti erano disorientate di fronte a questi nuovi malesseri e chiedevano il da farsi sullo smartphone per i figli”, e così è nata l’idea del patentino per i ragazzi delle scuole elementari e medie.
Da allora sono state consegnate 100 mila patenti ai ragazzi delle scuole medie e 15 mila alle superiori, mentre si diffondono i corsi a scuola per ottenere la patente e che andranno regolarmente avanti, malgrado il divieto di smartphone sancito dal ministro Valditara.
Dunque, secondo alcuno esperti, pubblica Il Fatto, il governo andrebbe in direzione opposta alla filosofia del patentino: “educare, non proibire, il problema non è smartphone Sì o No, ma capire come usarlo”.
“Restiamo in attesa – si legge sul Quotidiano- delle linee attuative, non è chiaro come verrà impedito, nei fatti, l’uso dello smartphone. Basta entrare in una classe per capire come sia difficile: sulle prime il ministro ci ha fatto sorridere, il suo sembrava un proclama vuoto”.
Intanto, viene spiegato come è strutturato il corso per prendere il patentino.
Esso è diviso in tre passi: la formazione dei docenti; le lezioni in classe (8 ore in tutto) durante il tempo dedicato all’educazione civica; il test e la cerimonia con l’attestato.
I temi sono quelli delicati, ma proporzionati all’età: protezione dei dati, cyberbullismo, sexting, revenge porn, odio in rete e fake news.
Per i ragazzi delle elementari il patentino è una sorta di foglio rosa, il preludio alla vera “patente” delle scuole medie fino al rinnovo del liceo. Per i docenti i corsi di aggiornamento sono continui, anno dopo anno, per tenere la “patente” al passo con l’innovazione: “Insegnare, invece di punire, in uno spirito di comunità” sarebbe lo slogan
Il “proibizionismo”, viene ancora spiegato, non è tabù: “Ma non può essere l’unica soluzione, bisogna insegnare l’uso corretto dei dispositivi con il coinvolgimento dei genitori, perché il problema è a casa e nel tempo libero”.
Prima il “patentino”, poi il possesso dello smartphone per un uso consapevole: questa la teoria, anche se viene consigliato ai genitori di concordare tra loro l’età giusta per l’acquisto di uno smartphone.
“Perché se un ragazzo non ce l’ha e gli amici sì, è tutto inutile”.
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