I ragazzi che usano lo smartphone mentre sono a letto peggiorano la qualità del sonno: lo dice una nuova ricerca pubblicata su Jama Pediatrics, che quindi conferma il legame tra la salute dei giovanissimi e i dispositivi elettronici. E anche le disposizioni sempre più ferree che ogni Paese decide di darsi per prevenire problemi di sonno e indirettamente anche di apprendimento a scuola oppure di rendimento sul lavoro.
Da una panoramica, realizzata dall’Ansa, risulta che ogni Paese si organizza in modo diverso. In Svezia, ad esempio, l’autorità sanitaria sconsiglia ai bimbi sotto i due anni di essere esposti a qualunque tipo di schermo.
Sempre in Svezia nelle scorse ore l’autorità sanitaria ha raccomandato ai genitori di non esporre i bambini di età inferiore ai due anni a nessun tipo di schermo e agli adolescenti di non passare più di tre ore al giorno davanti ad uno schermo. “Sappiamo che l’uso dei media digitali può avere effetti negativi sulla salute, tra cui un peggioramento del sonno e sintomi di depressione“, ha affermato il ministro degli affari sociali, Jakob Forssmed, come riporta The Guardian.
“Nell’era digitale gli adolescenti trascorrono più tempo che mai davanti agli schermi potenzialmente a scapito del loro sonno”, scrivono i ricercatori della University of Otago di Dunedin, in Nuova Zelanda, che hanno analizzato il comportamento di 79 ragazzi tra gli 11 e i 14 anni. Gli effetti negativi si osservano principalmente quando i dispositivi vengono usati una volta che ci si è messi a letto, non tanto nelle ore immediatamente precedenti.
Secondo i ricercatori, “l’uso di schermi interattivi come giochi e multitasking è particolarmente problematico sebbene anche le attività passive su schermo come guardare i film fossero associate ad una durata del sonno più breve”.
Pure negli Stati Uniti, da New York alla Florida, si registrano diverse “strette” all’uso di social per i minori. E parallelamente cresce il movimento dei genitori che si rifiuta di dare gli smartphone ai propri figli.
Nel Regno Unito, lo scorso mese di febbraio è nata ‘Smartphone Free Childhood’ che ha 60mila membri e si sta espandendo in Australia, Usa, Emirati Arabi, Brasile, Canada e Sudafrica. Nel frattempo diversi giganti della tecnologia sotto pressione stanno cercando di creare esperienze di smartphone e social media più adatte ai bambini. La scelta emblematica l’hanno fatta Steve Jobs e Bill Gates: i due giganti della Silicon Valley hanno cresciuto i loro figli senza tecnologia.
Anche in Italia, in occasione della ripresa della scuola di questi giorni, per 7 milioni l’Istituto Superiore di Sanità consiglia di salvaguardare il sonno di bambini e ragazzi la cui perdita li fa diventare “irritabili e aggressivi” e “aumenta il rischio di dipendenze comportamentali’.
Da un’indagine dell’Iss sulla Generazione Z emerge che il 50% degli 11-13enni più a rischio di sviluppare dipendenza da social media dorme meno di sei ore a notte e quasi il 30% impiega più di 45 minuti per addormentarsi.
Ma anche che il 30% di studenti a rischio di dipendenza da videogiochi ha dormito meno di sei ore a notte e quasi il 25% fatica ad addormentarsi.
Sempre in Italia ricordiamo che tra le novità previste per l’avvio delle lezioni vi è lo stop ai cellulari in classe anche per scopi didattici, così come previsto dalle nuove linee guida sull’educazione civica che a giorni dovrebbero essere rese pubbliche e quindi da considerare operative.
La disposizione è stata annunciata pochi giorni fa dal ministro Giuseppe Valditara, che nell’occasione ha parlato di “piccola rivoluzione”. Lo stesso numero uno del Mim qualche settimana prima, lo scorso 10 luglio, aveva detto che “bisogna evitare che gli strumenti digitali rubino il desiderio di vita” e per tali motivi aveva “firmato una circolare che vieta dal prossimo anno scolastico l’utilizzo del cellulare a qualsiasi scopo dalle scuole d’infanzia alle medie”.
Come abbiamo già avuto modo di osservare, è probabile che la “stretta” del Ministro per ridurre la dipendenza dei giovani possa non bastare: certamente, la scuola manderà un bel segnale ai giovani. Ma la maggior parte degli esperti e addetti ai lavori ha molti dubbi sull’efficacia della disposizione pure al di fuori delle mura scolastiche. Perché servirebbe anche l’esempio dei genitori. I quali, invece, inviano messaggi di tutt’altro tenore.
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