Mancano ancora un paio di mesi abbondanti alla fine delle lezioni e già molti genitori di bambini che l’anno prossimo affronteranno il primo fatidico transito dalla primaria alla secondaria di primo grado, sono in preda all’ansia perché anche per loro si prospetta una prima, capitale, scelta di fondo: telefonino sì o telefonino ancora no per i loro pargoli in uscita dall’infanzia? È infatti nell’età cerniera, tra i dieci e gli undici anni, che si colloca questa sorta di rito di passaggio all’età “adulta”: la consegna del primo smartphone.
Ne parla in questi giorni il quotidiano Le Monde: mentre il presidente Macron attende i risultati della commissione da lui nominata per valutare i rischi dell’esposizione agli schermi nei più piccoli, i genitori francesi sono davanti al primo, vero, dubbio amletico. Perché di questo si tratta e da questo potrebbe dipendere l’equilibrio psicofisico futuro dei loro figli: da un lato – se dovessero stabilire che è ancora troppo presto per avere diritto a un telefonino – c’è il timore di isolare il proprio figlio rispetto agli altri compagni che potrebbero tutti averne uno. Timore che si aggiunge a quello di non potere avere notizie del bambino, irraggiungibile, in caso di gite o altri impegni extrascolastici. Dall’altro lato – suvvia, ce l’hanno tutti questo telefonino, compriamoglielo! – la paura di non riuscire a dettare regole precise e limiti di utilizzo, l’angoscia di immaginare il proprio pargoletto vittima di una video dipendenza senza via d’uscita.
C’è chi – continua Le Monde – cerca di cavarsela giocando sul compromesso (in medio stat virtus…) e regala al figlio un telefonino-dinosauro a tastiera, che gli consentirà di telefonare/ricevere telefonate e inviare sms. Insomma, roba di un’altra era, oggi i ragazzi con il loro smartphone fanno di tutti tranne che telefonare e inviare sms.
Il problema, comunque, esiste e il dibattito è aperto: tra i vari specialisti o presunti tali che ogni giorno si esprimono in materia, spicca, per razionalità, l’opinione di Axelle Desaint, direttrice di «Internet senza paura», piattaforma che fa parte del Programma di protezione dei minori, membro del circuito Safer Internet France. Intervistata dal settimanale L’Express, Desaint sostiene che vietare tassativamente l’uso dello smartphone non è mai un bene, la pressione sociale è ormai troppo forte e il ragazzo – o la ragazza – si sentirebbe un escluso, emarginato rispetto al gruppo dei pari, nella fattispecie i suoi compagni di classe. L’azione più intelligente da parte dei genitori è quella di condividere, negoziare, far sviluppare un’autocoscienza, attraverso un dialogo costante, tale da fare capire ai propri figli alcuni concetti-chiave quali l’importanza di proteggere i propri dati, i pericoli del web, quanto tempo passare ogni giorno davanti allo schermo e la necessità di parlare immediatamente con i genitori ai primi, eventuali, segnali di cyberbullismo.
Insomma, il divieto non paga, la conversazione regolare e continua è l’unico baluardo che un genitore possa costruire nella speranza che tenga.
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