Il titolo di studio sembra influenzare significativamente le opinioni in merito alla regolamentazione dei contenuti online e la consapevolezza e la percezione degli algoritmi e del condizionamento che ne deriva.
È quanto emerge dal 20° Rapporto Censis sulla comunicazione, nel quale sono analizzate le abitudini mediatiche degli italiani nel 2024, evidenziando un calo nella fruizione della televisione tradizionale e della stampa cartacea, a fronte di una crescita dell’utilizzo di internet, social network e piattaforme online, specialmente tra i giovani.
Il rapporto esplora anche la percezione degli italiani riguardo all’economia dell’attenzione e all’impatto degli algoritmi, nonché le loro opinioni sulla libertà di espressione sui social media.
Infine, indaga sul rapporto degli italiani con l’informazione, sia tradizionale che digitale, e sull’evoluzione del loro atteggiamento verso i macro-influencer dopo recenti controversie.
Tra i vari aspetti trattati emerge come il titolo di studio incida in diversi modi nelle scelte e nelle opinioni degli italiani.
Le persone con un titolo di studio più elevato (laurea o superiore) mostrano una maggiore propensione all’introduzione di limiti alla libertà di espressione sui social media per contenuti pericolosi (41,8%) rispetto a chi ha un titolo di studio inferiore (34,4% tra chi ha al più la licenza media).
Una quota inferiore di laureati (15,3%) rispetto a chi ha un titolo di studio più basso (18,8%) ritiene prioritaria la garanzia di un’assoluta libertà di espressione sui social media.
Tra coloro che considerano necessaria l’introduzione di limiti alla libertà di espressione, si osserva una chiara polarizzazione: una percentuale maggiore di laureati (35,3%) rispetto a chi ha un titolo elementare o medio (17,5%) ritiene opportuno il rispetto di regole di base per moderare i contenuti.
Anche riguardo a un severo controllo dei contenuti, la percentuale è più bassa tra i laureati (5,8%) rispetto a chi ha un titolo di studio inferiore (20,3%)
La percentuale di persone che sanno definire correttamente un algoritmo è più alta tra chi ha un diploma o una laurea (48,9%) rispetto a chi ha la licenza elementare o media (33,9%).
La percezione di un algoritmo come uno strumento che prende decisioni al posto nostro è più diffusa tra chi ha un livello di istruzione inferiore (20,8%) rispetto a chi ha un’istruzione superiore (dato non specificato direttamente, ma si può inferire dal 14,7% di “diploma e laurea”).
Allo stesso modo, la credenza che gli algoritmi vengano usati per sottrarre dati personali è più alta tra chi ha un’istruzione inferiore (18,0%) rispetto a chi ha un’istruzione superiore (10,7%).
La percezione di sentirsi indirizzati nelle scelte sui portali di news e quotidiani online aumenta con il livello di istruzione: il 24,7% di chi ha un’istruzione superiore si sente condizionato, contro il 15,4% di chi ha un’istruzione inferiore.
Nonostante ciò, per quanto riguarda l’uso di piattaforme social, la percezione di essere condizionati è elevata in entrambi i gruppi di istruzione, sebbene leggermente superiore tra chi ha un diploma o laurea (56,1%) rispetto a chi ha un’istruzione inferiore (52,8%).
Nonostante la maggior parte della popolazione non abbia mai seguito i macro-influencer, tra coloro che li seguivano o li seguono, non si evidenziano differenze marcate negli atteggiamenti in base al titolo di studio.
Le percentuali di chi continua a seguirli come prima, chi preferisce concentrarsi su ambiti particolari, chi li segue di meno, chi preferisce i micro-influencer o chi bada di più alla loro competenza appaiono relativamente simili tra i due gruppi di istruzione considerati (licenza elementare/media vs. diploma/laurea).
Il titolo di studio sembra influenzare significativamente le opinioni in merito alla regolamentazione dei contenuti online e la consapevolezza e la percezione degli algoritmi e del condizionamento che ne deriva.
Le persone con un livello di istruzione più alto tendono ad essere più favorevoli a una moderazione dei contenuti sui social media e mostrano una maggiore comprensione degli algoritmi, pur percependo maggiormente il condizionamento sui portali di informazione online.
Gli atteggiamenti verso gli influencer, a seguito di eventi specifici, appaiono meno influenzati dal livello di istruzione.
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