I lettori ci scrivono

Soffro di DSA, e mi batto per i nostri diritti

Fin da quando sono piccola mi sono spesso sentita diversa, a un’errore. Mi sono vergognata, e pian piano ho iniziato a rinchiudermi  in me stessa, non accettando ciò che è tutt’ora la mia problematicità: la discalculia. Da quando ho 12 anni, attraverso un complesso iter, articolato in più test (i quali prevedono l’analisi di tutto ciò che sono i campi logico-matematici, linguistici, umanistico-letterari), diretti da un’equipe di medici competente, ho scoperto di avere un disturbo specifico dell’apprendimento, definito anche con l’acronimo DSA, il quale può diversificarsi non solo in discalculia, ma anche in disgrafia e dislessia.

Durante i primi anni della scuola elementare, avevo uno strano sentore, mi sentivo stupida, anormale, pensavo addirittura di avere una malattia, e ogni verifica di matematica che mi si presentava, cercavo di copiarla. Volevo essere a tutti i costi come gli altri bambini, non volevo che nessuno si rendesse conto del perché non sapessi addizionare o sottrarre dei numeri, o perché non distinguessi un rettangolo da un quadrato. Grazie a quei test attitudinali presi coscienza di ciò che avevo e cercai di migliorare, ma nonostante ciò, era come se avessi un marchio, uno stigma. Come se quello che avessi, fosse diventato quello che ero.

Mi identificavo solo con la mia difficoltà: era come se tutto quello che mi circondava me lo ricordasse, facendomi continuamente pensare a  quanto non fossi normale, a quanto fossi sbagliata. A scuola, non tutti i miei compagni di classe mi hanno aiutata o hanno dimostrato comprensione, anzi, tanti erano gli accusatori, i quali affermavano che  le mappe o le schede propedeutiche a me concesse, (in relazione al mio piano didattico personalizzato, concordato precedentemente con degli esperti), fossero un modo per copiare, così, mi ritrovai addirittura a scegliere fra usare ciò che mi era consentito, subendo costantemente il vociare degli altri, oppure non usarle, prendendo un’insufficienza.

Tutti consideravano i voti che prendevo come non miei, bensì come il prodotto di una mera copiatura, quando, in realtà, dedicavo ore non solo per fare le mappe stesse, ma per studiare i concetti principali. Venni derisa più volte, e più volte fui umiliata da insegnanti che invece di aiutarmi, mi dissero di lasciar perdere, di non conseguire il percorso di studi che volevo, perché non ce l’avrei fatta, perché non ero abbastanza preparata. 

Per loro era più facile lasciarmi in balia di me stessa. Sono stata considerata per tanto tempo una studentessa di serie B, soltanto perché non eccellevo come molti altri, e il tutto non solo mi ha portato a sviluppare tante difficoltà a livello personale, minando la mia stessa autostima, ma ha anche contribuito al riconoscimento di qualcosa di spiacevole: la scuola, così come la società, non sono giuste. Non è giusto che io debba pagare affinchè un mio diritto venga riconosciuto, accertato, rispettato e forse (perché non tutti i docenti lo fanno) accettato. I test diagnostici prevedono un costo di 600 euro, i quali durante il percorso di studi, devono essere aggiornati e rivisti, ciò significa che bisogna nuovamente pagare al fine di avere un piano didattico personalizzato più completo.

Questo evidenzia che se non si hanno delle condizioni economiche favorevoli, non solo non si comprenderanno delle difficoltà, ma non si riceveranno neppure delle facilitazioni, le quali servono ad esempio per i test d’ingresso all’università, oppure per tutto ciò che concerne l’ambito scolastico e lavorativo. I test universitari, ad esempio, sono una delle imprese più difficili e più importanti per una persona con DSA, non solo per l’ingente quantità di studio, che per molti non è facile preparare entro i tempi richiesti, ma perché ciò può essere difficoltoso  nell’acquisizione di una borsa di studio.

Le borse di studio sono divise in più parti, tra cui quelle dedicate agli studenti “meritevoli”, ovvero coloro che hanno conseguito durante la formazione liceale oppure universitaria, un quadro scolastico eccellente, il quale deve corrispondere ad una determinata media. Certo, è giusto premiare chi si impegna e chi ha una predisposizione per ciò che studia, ma allora, chi ha  delle difficoltà e che spesso non raggiunge la sufficienza in alcune materie, non è meritevole quanto gli altri? Cosa significa essere davvero meritevole? Tali parametri sono definiti in termini scientifici, ma non in termini pratici.

Proprio perché ho delle problematicità, perché devo essere automaticamente considerata meno brava e meno predisposta alla performance? Il tutto dimostra oggettivamente come molte persone siano scartate dal sistema scolastico, soprattutto se non corrispondono a dei determinati parametri, i quali non possono delineare né l’intelligenza, né la bravura oggettiva di una persona. Purtroppo tali parametri sono gli stessi che mi precludono la possibilità di svolgere Erasmus, conseguire scambi culturali e  avere un’ipotetica borsa di studio. Sono diversa, ma non sono meno meritevole. Anzi, forse per la quantità d’impegno posto in ciò che faccio, posso vantare di esserlo un po’ di più. Da sempre mi batto per i miei diritti e per tutti coloro che hanno dei disturbi di apprendimento, perché nessuno si senta come mi sono sentita io.

La dislessia, come la discalculia e la disgrafia si stima che interessi circa 350.000 studenti italiani, in media in una classe di 20 alunni, almeno 1 persona presenta DSA, il tutto è pari al 4-5% della popolazione scolastica. Ed è una delle cause più frequenti di abbandono scolastico. Infatti, se per qualcuno iscriversi all’università è facile, per chi ha DSA è un’iter infinito, in quanto non solo bisogna compilare i moduli e certificare quanto si ha, ma se la diagnosi di tale disturbo della durata di tre anni, non è più valida, bisogna nuovamente conseguire i test diagnostici. E quindi spendere altri soldi ancora. Alle volte mi sembra di essere stanca, stanca di tutto questo, stanca addirittura di dovermi ricordare quello che devo fare alla fine di far valere i miei ideali e, affinchè essi vengano rispettati. Ma non smetterò mai di dire quanto sia importante che le persone prendano coscienza di quanto il sistema scolastico sia ancora elitario, e sia (come disse il pedagogista e ministro dell’istruzione Gentile), più un luogo di selezione, che uno di formazione. Alle volte sembra che i compagni di classe, invece che sostenersi ed aiutarsi,si concentrino principalmente sul loro rendimento scolastico a discapito di chi fa più fatica, senza preoccuparsi minimamente del prossimo. Desidero una scuola diversa, in cui l’integrazione sia effettiva e non solo chiacchierata. Tutti coloro che hanno DSA sono un po’ più lenti, forse non sempre comprendono tutto, ma non sono stupidi, hanno le stesse capacità di tanti altri. Per me, è stato difficile smettere di paragonarmi agli altri, ma piano piano ce l’ho fatta, e ho iniziato ad accettare questa parte di me, e grazie al mio attivismo cerco quotidianamente di ricordarmi che non devo rinnegare ciò che sono, ma sottolinearlo, perché i disturbi specifici dell’apprendimento esistono, e spesso non sono mai trattati come dovrebbero, ed è ora che ciò cambi.

Alessandra Berti

 

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