Caro Sindaco,
sono la mamma di due bambini che hanno frequentato la scuola dell’infanzia comunale. Di professione faccio la maestra nella scuola dell’infanzia statale. Perché ti scrivo, mi chiederai. Perché la tua frase “francamente me ne infischio” rivolta alle insegnanti comunali, che non si adattano a lavorare nella stessa scuola con due contratti diversi, continua a rimbombarmi in testa. Le parole sono pietre, non svaniscono come un soffio nell’aria. E “me ne infischio” è una frase che non avrei mai voluto sentire dal mio sindaco. E’ peggio, molto peggio, di un insulto.
Conosco molte maestre comunali, proprio fra quelle a cui ti rivolgi con “me ne infischio”. Sono state preziose per i miei figli e per tanti altri bambini. Per questo, ma non solo per questo, quella frase è come un pugno nello stomaco anche per me.
Tu vanti le loro assunzioni. Ma di cosa vantarsi quando è andata in ruolo solo una parte di insegnanti con 10/15 anni di precariato sulle spalle, e ce ne sono tante altre che ancora aspettano? Una società normale chiederebbe loro scusa per quanto hanno subito e continuano a subire e le ringrazierebbe per quanto hanno fatto e stanno facendo. Tutti sappiamo che il Comune di Bologna ha sempre investito molto in educazione e continua ad investire. Ma oltre alla quantità c’è la qualità e quella la fanno le maestre. Lo sanno tutti. Il volto, le parole, i gesti delle maestre trasmettono infinite emozioni ai bambini. Per questo si deve dare loro serenità. Si devono creare le condizioni perché possano trasmettere energia e gioia ai nostri figli, in un mondo in cui anche la vita dei piccoli è diventata tremendamente difficile. Ma potranno mai farlo se le si costringe a stare fino a 7 ore al giorno con 25 o 26 bambini di 3-5 anni?
Caro Sindaco, non ti ho mai sentito rivolgere una parola di stima alle tue insegnanti, ma solo frasi sprezzanti. Questo è un brutto segnale. La tua Amministrazione potrà fare mille progetti, ma se non fa i conti con i tanti insegnanti comunali che quest’anno sono fuggiti (di ruolo, appena assunti e precari) e con quelli che lo faranno appena possono, costruirà castelli di sabbia in riva al mare, che crolleranno alla prima onda che si infrangerà sulla battigia.
Io spero ancora, forse perché, insegnando ai bambini, bisogna coltivare i sogni, che tu possa ripensarci. Le tue insegnanti non sono corporative, come tu affermi. Sono maestre. E mi piace immaginare che il mio sindaco ami le maestre