Disabilità

Solo il 3% delle scuole affronta il tema della lotta alla mafia

“Mafie, formazione e scuola” è un tavolo tecnico coordinato da Maria Falcone, nel corso del quale si è ancora una volta affrontata la questione delle mafie e della delinquenza organizzata, delle cui conclusioni si occupa Roberto Galullo, nel suo blog sul Sole 24 Ore.

Gesualdo Bufalino e Valeria Fedeli

Partendo, spiega il commentatore, dalle parole di Gesualdo Bufalino, secondo il quale la mafia non si combatte con l’Esercito ma con un esercito di insegnanti, poco valore invece ha avuto l’intervento della ministra Valeria Fedeli: «Dobbiamo fornire quotidianamente cultura e conoscenza della legalità. Presidi e insegnanti lo fanno quotidianamente. Abbiamo anche fatto investimenti economici per dare contenuti formativi a ragazzi e ragazze. Nelle nostre scuole vanno persone competenti. Le nostre scuole e le nostre università giocano un ruolo fondamentale».

Le università

Tuttavia, secondo il blogger, un passo in avanti sarebbe stato compito dalle Università italiane che, attraverso “un protocollo dalla Conferenza dei rettori con la Commissione parlamentare antimafia”, è stato “deciso di puntare sulla ricerca, sulla didattica, sulla formazione specialistica e su tutte le attività di promozione e divulgazione della cultura della legalità. L’approccio è fortemente interdisciplinare e di reti interuniversitarie».

Il sondaggio

In ogni caso, un sondaggio di un campione rappresentativo, dice che “solo il 5,2% delle istituzioni scolastiche non ha avviato esperienze formative. Nel dettaglio, il 67,1% delle scuole ha organizzato attività di formazione che hanno riguardato direttamente o indirettamente il tema della criminalità organizzata specificamente rivolte ai propri allievi. Il 26,8% le ha rivolte sia agli allievi che agli insegnanti mentre lo 0,9% le ha concepite solo per gli insegnanti.

Tutto bene, allora? Non proprio, visto che, precisa Galullo, “solo il 3% delle attività hanno insistito specificamente sulla lotta alla criminalità organizzata nel territorio di riferimento, il che apre la strada a due possibilità formative:

1) brevi cenni sull’universo mafioso,

2) vi parlo delle mafie ma non a casa nostra.

Temi della convivenza civile

“Negli altri casi (cioè il 97%) la formazione è stata incentrata sia sul tema della convivenza civile che su quello della legalità (48,2%) mentre il restante 48,8% ha scelto di insistere sui temi della convivenza civile, della legalità e della lotta alla criminalità organizzata.

“Le attività formative rivolte al personale della scuola hanno riguardato solo al 30% l’intera scuola, mentre al 70% solo i docenti coinvolti in progetti che prevedono la partecipazione degli allievi ad iniziative di legalità e lotta alla criminalità.

“Per quanto riguarda l’efficacia è stata riconosciuta molto efficace dal 78% dei partecipanti e “abbastanza” per il 20%.

Il personale

E se il 74% delle scuole che hanno svolto attività di formazione non ha previsto incentivi, l’attività è stata affidata per il 65% circa a professionisti esterni ed interni. Tra i formatori coinvolti associazioni e fondazioni, forze armate e dell’ordine, magistratura, liberi professionisti, regioni ed enti locali, istituzioni penitenziarie, università ed enti di ricerca, organismi bancari e finanziari, autorità nazionale anticorruzione.

In ogni caso, conclude Galullo, “sappiamo che il 76% delle scuole monitorate ha un referente interno per la formazione, il 16% fa riferimento ad una funzione strumentale e il 7,41% fa riferimento ad una apposita commissione.

“Infine l’87% delle scuole sondate non ha in corso di validità protocolli di collaborazione finalizzati al contrasto della criminalità con altri enti e istituzioni impegnati sullo stesso fronte”.

 

Pasquale Almirante

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