I dati Invalsi sembra siano ormai universalmente accettati, tranne piccole cittadelle fortificate che resistono. A settembre 2015, infatti, solo il 6% delle scuole non ha scaricato gli esiti delle rilevazioni degli apprendimenti fatte a maggio.
Un dato significativo ma in continua diminuzione, ha spiegato il direttore dell’Invalsi, intervenendo alla presentazione del progetto «Valutazione in progress», organizzato da una rete di scuole di Lazio, Toscana, Emilia Romagna, per illustrare i criteri per giudicare i docenti. Il direttore ha evidenziato come l’anno precedente, settembre 2014, il “boicottaggio” dei dati da parte delle scuole era più elevato, si aggirava intorno al 20%, mentre già quest’anno si sono svolti regolarmente in oltre il 90% delle scuole.
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Ma nel 2016 scatta anche la valutazione degli insegnanti e per questo un campione di istituti di tre regioni italiane, Lazio, Toscana, Emilia Romagna, hanno predisposto dei modelli di valorizzazione dei prof, secondo le specificità dei territori, realizzati con la partecipazione attiva degli stessi professori.
Le rappresentanti del Lazio, per esempio, hanno dato più enfasi, nella loro proposta, a un percorso partecipato, partendo dall’autovalutazione dei docenti.
In Emilia Romagna si guarda, invece, maggiormente agli esiti dell’attività didattica, in termini di miglioramento delle competenze e degli apprendimenti degli studenti, premiando i prof che ottengono i risultati migliori.
In Toscana i criteri illustrati sono sia di tipo qualitativo che quantitativo.
Si tratta in altre parole, come sottolinea Il Sole 24 Ore, di «un concreto supporto ai comitati di valutazione in termini di oggettività, omogeneità e trasparenza».
E se toccherà ai comitati indicare i criteri per valutare i professori, spetterà poi al preside assegnare il bonus.
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