Una scuola che vuole essere di qualità ha come obiettivo quello di accompagnare i futuri cittadini nel percorso di crescita, ponendo gli alunni al centro della sua “mission”, nel pieno rispetto dell´art. 34 della Costituzione.
Il problema è però che finora nella stragrande maggioranza dei dibattiti televisivi di scuola non si è parlato, come se questo mondo non esistesse e come se l’istruzione e la cultura, con la promessa di cittadinanza alle nuove generazioni, fosse di un mondo alieno.
Ciò che però in ogni caso colpisce, in questa fantasmagorica campagna elettorale, è il pressapochismo con cui i partiti si approcciano al problema quando, per un motivo o per l’latro, sono indotti a entrare in tale universo.
E infatti tutta la sapienza dei leader, e no, intervistati consiste nel contestare l’esistente, nel puntare alla critica, acritica, sul già fatto, solleticando le delusioni o fomentando la rabbia di chi non ha ottenuto ciò che sperava dal precedente governo.
Una guerra al rialzo, o al ribasso, insomma senza dare prospettive né ai prof né ai ragazzi e alle famiglie, né indicando un futuro diverso alla nostra istruzione, visto che per certi partiti occorre asfaltare e ricostruire, smantellare e ricominciare: ma cosa e su che base e su quale progetti?
Se si fa caso infatti nessuno dei partiti in lizza per governarci ha una idea di scuola, uno straccio di proposta coerente e concreta, un progetto di riforma o un modello di riferimento.
Si spara solo alla legge 107, la cosiddetta “buona scuola”, ma senza dare soluzioni alternative su cosa si vuole fare, per esempio, sullo stato giuridico dei prof, sui programmi, sull’avviamento al lavoro dei giovani: fumo e genericità sulle poche dichiarazioni che i politici concedono, ma dove appare chiara la macroscopica insipienza del problema.
Seminare panico e discordia, mentre mancano le idee.
Un gioco a chi la spara più grossa per raccattare voti, solo questo cogliamo. Di altro non c’è nulla: solo deserto.
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