Sì o no all’uso dell’asterisco (*) o della schwa (ə) come desinenza nelle comunicazioni scritte a scuola? In queste settimane è tornata alla ribalta la questione dell’inclusività linguistica, con l’obiettivo di non discriminare coloro che non si riconoscono in nessuno dei due generi binari (maschio o femmina). La Tecnica della scuola chiede ai propri lettori il loro punto di vista sull’argomento, in base anche ai nuovi regolamenti adottati da alcune scuole.
Ma che cos’è esattamente la schwa? Ricordiamolo. La schwa è il simbolo della e capovolta che, come l’asterisco, vorrebbe assolvere al compito di rendere più inclusiva la lingua, laddove essa riuscisse a permettere a tutti gli individui (agli uomini, alle donne e a chi non si ritrova in nessuno dei due generi) di riconoscersi in una desinenza linguistica.
Un’esigenza sempre più pressante, specie tra i ragazzi della cosiddetta generazione zeta (gli Zoomer, i nati tra la fine degli anni ’90 e la fine degli anni 2000), gli studenti delle nostre scuole, insomma, che chiedono più inclusività anche sul fronte linguistico, come si evince dalla vicenda della scuola Cavour di Torino, che usa l’asterisco nelle comunicazioni ufficiali: un’iniziativa nata su spinta degli alunni ma che ha trovato l’accordo degli organi collegiali della scuola.
Anche l’Accademia della Crusca si è espressa su questo tema, sottolineando che “quando si cambia qualcosa in una lingua ci si deve innanzitutto chiedere se quel cambiamento funziona per assolvere allo scopo che un sistema linguistico deve compiere, cioè la comunicazione”.
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