Al primo posto tra le regioni c’è la Campania che con i 1.600 insegnanti che hanno lasciato l’insegnamento raggiunge il 10 %. Fin qui i dati sintetici del Miur.
Analizzando quantitativamente i dati, è possibile dedurre che ci troviamo solo ad un preannuncio di quello che avverrà da qui al 2008 quando è previsto che si registrerà un vero e proprio esodo, come mai si è verificato nella secolare amministrazione scolastica italiana. Lasceranno la scuola oltre trentamila insegnanti.
Mancando nella scuola italiana la cultura della informazione sulla professione, non pochi insegnanti temono di non poter più uscire dalla scuola se lo volessero di lì a qualche anno oltre l’entrata in vigore del nuovo regime pensionistico. La verità è che dal settembre 2008 si potrà lasciare la scuola con 57 anni d’età e almeno trentacinque di contributi. Dopo quella stessa data occorreranno 40 anni di contributi o 60 di età e 35 di contributi d’età. Non mancano neppure coloro che paventano di non poter ricevere la tanto auspicata liquidazione di fine rapporto e di vedere, così, fallire sogni alimentati da decenni.
Potrebbe, d’altra parte, essere un’occasione di svecchiamento del nostro corpo docente che, come è stato più volte evidenziato, risulta essere il più vecchio tra i Paesi della Comunità Europea. È questo un altro paradosso del sistema scolastico italiano: volersi rinnovare, cioè migliorarsi attraverso una riforma globale senza, tuttavia, incrementare il ricambio degli insegnanti anche incentivandone lo svecchiamento.
Potrebbe essere, tuttavia, una boccata d’ossigeno per le centinaia di migliaia dei decennali precari che incessantemente bussano alla porta della scuola. Occorrerà vedere la politica scolastica che sarà assunta da questa o da una nuova maggioranza governativa.