I lettori ci scrivono

Sono ancora utili i corsi di recupero (ammesso che si facciano)?

Non ricordo in quale ‘Anno di Grazia’ avvenne né il nome di colui che ebbe una tale brillante intuizione (lo chiameremo, a caso, Marchese del Grillo), per certo so che l’evento fu prodigioso e degno di essere ricordato, celebrato e ben evidenziato negli Annali della storia dell’Istruzione italiana.

Finalmente, grazie al nostro Marchese, i fastidiosi e inutili esami di riparazione, che tanto rovinavano le vacanze a studenti e genitori, vennero, con decreto (decretino) aboliti, tutti promossi e le eventuali lacune (o profondi vuoti) dei ragazzi, dovevano essere colmati durante lo svolgimento del successivo anno scolastico , attraverso mirati, eppur corposi e fitti corsi di recupero organizzati dalle scuole. Fatica non da poco per i discenti

Una mossa inaspettata e ‘rivoluzionaria’, non priva ancorché di positivi risvolti sociali.

Da quel momento, come democrazia richiede, tutti avrebbero potuto usufruire di molte ore ripetizioni nelle materie più ostiche (o per nulla studiate), non solo i ‘figli papà e di mammà’ che potevano permettersi ripetizioni private.

Tutti uguali e tutti gli stessi diritti (e i doveri?).

La giustizia e l’uguaglianza così trionfavano e, inoltre, quell’attività ‘sospetta’ e malvista, dalla ‘saggia’ opinione popolare, degli avidi docenti che, non paghi dei lauti e spropositati stipendi elargiti loro dallo Stato magnanimo ( per solo diciotto ore, che scandalo!), come lupi affamati di prede, andavano senza sosta e continuamente, battendo ogni territorio scolastico, a caccia di alunni da ‘recuperare’(con private ripetizioni) in cambio di cifre esorbitanti (e per qualche superficiale suggerimento) che mettevano sul lastrico intere famiglie (si parlava della necessità di richiedere prestiti per pagare questi insaziabili professori), desiderose soltanto di dare una adeguata e legittima istruzione ai loro pargoli.

“Un giro di soldi esorbitante (dei miliardari questi docenti interessati solo al vile metallo) e, per di più, non dichiarato. Bisognava porre fine a questa giostra di costose ripetizioni domiciliari. Docenti o profittatori”. La folla (creatura irascibile e istintiva) arrivava anche a pensare questo.

Qualcuno calcava la mano e additava questi educatori-‘mostri’ addirittura come evasori da individuare subito, perché lo Stato (sempre magnanimo) avesse quanto gli spettasse.

Chissà, con tutte queste tasse recuperate si sarebbe potuto sanare il bilancio del Paese, messo in crisi dal comportamento dissennato ed avido degli insegnanti (solo degli insegnanti e di nessun altro)!

Queste, ahimè, le credenze del popolo.

A cosa mai arriva la fantasia contorta e perversa degli uomini!

Ma ora tutta cambiava. Dopo la scuola regolare, ancora con il boccone in bocca di un veloce spuntino, migliaia di studenti di nuovo in classe a sentire ciò che non avevano voluto ascoltare durante la mattina.

Allo stesso modo, i docenti, ancora affaticati e stravolti, dal duro lavoro del mattino (chi non avrebbe preferito un’adeguata pausa!), di nuovo in cattedra a impegnarsi fino allo spasmo (si rischiava l’infarto) per far entrare, inventandosi ogni metodo possibile, nelle menti spesso impermeabili dei discenti, idee ripetute e ripassate fino alla noia (anche i banchi, se interrogati su quegli argomenti, avrebbero risposto) durante le normali lezioni, ottenendo, spesso, ben poco dai punto di vista dei risultati, sotto il profilo economico poi… Beh, lasciamo perdere.

Nel tempo, però, tutta questo processo innovativo per una società più giusta (si dice sempre così) è andato spegnendosi.

Come sempre accade le opere valide e opportune non trovano continuità nel tempo (un bene o un male?).

Tale è la dissennatezza degli uomini (e donne).

Gli esami di riparazione, senza una chiara legge ma con ministeriali ‘giochi’ di prestigio, sono rinati dalle ceneri (come la Fenice) e i miracolosi corsi di recupero ‘intra moenia’ si sono, via via, assai assottigliati (in modo diverso secondo l’importanza curricolare delle materie ). Per alcune discipline sono stati aboliti, per altre non è rimasto che qualche pendente residuo. Le retribuzione dei docenti per questo ‘recupero’ non hanno avuto sorte sostanzialmente diversa. Già esigue prima, si sono ancor più (al netto) scheletrizzati. Infine qualche privata ripetizione è timidamente o meno timidamente riapparsa.

Indistinte voci, subita taciute, suggerivano di utilizzare per tali operazioni di ‘rinforzo’, il tesoro del P.N.R.R.; quale ‘bestemmia’, quei soldi, secondo i ‘forti suggerimenti’ dell’Europa sono destinati a ben altro, hanno una missione altissima: far risorgere l’Italia (e la scuola), non possono certo essere ‘buttati’ via per ore di recupero, suvvia!

Così i miseri docenti immolatisi (volontariamente) a ‘recuperare’ i decificit (primo quadrimestre) dei discenti nelle discipline selezionate, si possono attualmente ritrovare (è capitato, vi assicuro) in classi numerose, formate da ragazzi provenienti da sezioni diverse, addirittura anche da gradi di scuola differenti (prime, seconde, terze ‘accatastate’ in un sola aula) con una eterogeneità di argomenti da rivedere e su cui svolgere esercizi.

A questo punto potremmo chiederci se hanno ancora senso questi ‘frammenti’ sparsi di ore di recupero, anche perché non sempre agile è la loro organizzazione e deludenti, non di rado i risultati.

Lo si deve fare e lo si fa (Dura lex, sed lex…)

Forse giova all’immagine della scuola. Va bene, ma l’immagine della scuola una bella immagine, è, data in buona parte, dalla continua, assidua, combattiva attività dei docenti, dalla loro operosa laboriosità, dalla loro resistenza contro le sfide (o gli attacchi) provenienti da più parti, dai loro sforzi inimmaginabili per riuscire a far crescere ed educare le nuove generazioni, dai risultati che riescono faticosamente ad ottenere, dalla loro consapevolezza di aver bisogno di aiuto e l’umiltà di chiederlo e anche dal loro coraggio (nervi d’acciaio, soprattutto in questi tempi dove la parola d’ordine è “Tutti avanti, non perdiamo nessuno, senza guardare chi merita o non merita”) di ri-orientare l’alunno se ha sbagliato percorso o fermarlo per permettergli di ripetere l’anno e, veramente, colmare le lacune (che sia questo il recupero più efficace!).

Occorre, però, lasciarli lavorare con tranquillità. Sanno bene quando rallentare o arrestare l’avanzamento del programma e ripassare, in classe, tutti insieme.

E poi non è forse vero che affrontare nuovi argomenti significa anche riprendere quelli già studiati?

Sì, occorre lasciarli operare con serenità, proponendo loro ogni strumento che possa agevolarli nella realizzazione dei loro obiettivi. Proponendo, però, non imponendo.

Andrea Ceriani

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