Nel dettaglio, i lavoratori equivalenti a rischio di perdita del lavoro sono 208.283, un numero in calo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno ma, commenta il sindacato, “ancora pericolosamente alto”. In concreto poi, commenta la Cisl, il numero è anche più elevato considerando che una parte dei lavoratori in cig ha un contratto part-time e che la cassa integrazione non sempre è a zero ore.
I dati dell’Osservatorio Cisl, segnalano che il numero di esuberi ammonta in media al 15% dei lavoratori delle imprese, 18 delle quali (per 2.300 dipendenti) hanno dichiarato la cessazione di attività. Nel 2013 sono stati sottoscritti 62 accordi che hanno consentito di evitare oltre 12.000 riduzioni di organico. Il rapporto della Cisl sottolinea che tra i tavoli di crisi che da gennaio 2014 vedono impegnati il ministero dello Sviluppo Economico e i sindacati, ci sono aziende e marchi storici per il Paese, in tutti i settori produttivi: dall’elettronica alle ceramiche, dal tessile alle energie rinnovabili, dalla chimica all’elettrodomestico, fino all’automotive.
La cassa integrazione nel 2013 ha nuovamente superato il miliardo di ore autorizzate, viaggiando a ritmi di circa 90 milioni di ore mensili, senza alcun accenno ad un’inversione di tendenza.
Inoltre dalle ore di cassa in deroga autorizzate sono esclusi gli ultimi 3-4 mesi dell’anno, “in quanto in tutte le Regioni le autorizzazioni sono ferme in attesa del rifinanziamento che il Governo continua ad annunciare, ma che ancora non si è concretizzato”. Ma, a giudizio della Cisl, “quel che è ancora più preoccupante è che si è accentuato il passaggio da cassa integrazione a disoccupazione”.
Complessivamente nei primi 11 mesi del 2013 si registra un aumento del 32,5% delle domande di disoccupazione, Aspi, mobilità presentate nello stesso periodo del 2012. I dati sulle ore complessive autorizzate di Cassa integrazione nel 2013, distribuiti per regioni, mostrano una netta concentrazioni in Lombardia (23,4%), in Piemonte (12%) e in Veneto (10,1%). Quanto ai dati del terzo trimestre, ci sono 522.000 occupati in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno Precedente. Ben 333.000 di questi posti di lavoro persi sono riferibili al solo Mezzogiorno, con un aumento del divario territoriale.
La perdita di posti di lavoro continua ininterrotta e con ritmi sostenuti ed è indicativo che si riducano, e di molto, anche i contratti a termine e le collaborazioni. Il calo di occupazione oramai non riguarda più il solo settore manifatturiero, ma si è allargato all’edilizia, che è il settore maggiormente colpito nell’ultimo anno ed al terziario, che aveva ben tenuto negli anni precedenti. Se l’economia non tira, neppure i contratti flessibili riescono a trainare l’occupazione, se si esclude il part-time, utilizzato dalle aziende in chiave difensiva, soprattutto trasformando rapporti precedentemente a tempo pieno. Nell’industria continua inarrestabile la riduzione di occupati. Nell’industria in senso stretto gli occupati sono il -2,2% rispetto a un anno prima; nell’edilizia la riduzione è ancora più significativa, con il 7,1% in meno di occupati. (Rai News)
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