SONO UNA VECCHIA INSEGNANTE… anzi un’insegnante invecchiata di colpo una settimana fa, quando durante l’ultimo Collegio sui futuri criteri di assunzione ho scoperto che il Miur non ha più bisogno di me, che la Scuola non sa più che farsene dei decenni di vita che le ho consacrato, che chiunque, docente per hobby, comprando qualche chilo di titoli e attestati, può valere molto più di me.
Ormai sono vecchia, obsoleta, polverosa, non innovativa, non rampante, non tecnodigital multimedial, non fantascientifica… solo banalmente, inutilmente umana.
Eppure vaglielo a spiegare al Miur che ciò che so non l’ho imparato da corsi o dottorati, ma mi è rimasto attaccato addosso come la polvere di gesso classe dopo classe, anno dopo anno, alunno dopo alunno.
Vaglielo a spiegare che ho sempre praticato istintivamente i metodi più disparati, calibrandoli sulle esigenze di ognuna delle mille classi che ho seguito, curato, amato e solo dopo, grazie ai corsi di aggiornamento, ne ho saputo il nome… ho scoperto di aver praticato la “flipped classroom” e il “cooperative learning” già molti anni prima che illustri teorici ce li propinassero come la novità del secolo, ho scoperto di aver sempre aiutato i ragazzi in difficoltà (prima che li etichettassero con fantasiosi acronimi) fornendo loro tutti quei supporti che poi ho saputo chiamarsi “strumenti compensativi e dispensativi”.
Ho imparato da sola ad usare la LIM nelle poche classi che ne erano dotate e ho consumato penne, gessi e colori facendo mille schemi prima di scoprire i siti con le “mind maps”….
Vaglielo a spiegare a quei luminari del Miur che ad insegnare si impara insegnando, che l’empatia con i tuoi alunni non è certificabile, che mille attestati non valgono un anno fra i banchi, che l’insegnamento non è un mestiere ma un cromosoma.