Gli esami di stato, così come si volgono ora, non sono utili. Anzi, forse non servono del tutto. A sostenerlo il sondaggio della Tecnica della Scuola che nel breve volgere di alcuni giorni ha totalizzato circa 1500 voti tra favorevoli e contrari. In particolare, i favorevoli a mantenerlo così com’è, ha raggiunto il 26%, mentre il 74% non ha dubbi a ritenerlo superato e quindi inutile.
D’altra parte anche la ministra Stefania Giannini lo ha ventilato: “L’esame di maturità? È ora di modificarlo”, anche se da anni ormai non si chiama di maturità, ma di Stato.
E ha pure detto: “La maturità ha bisogno di una rivisitazione, di fare il ‘tagliando’. E ci stiamo pensando. E’ giunto il di fa sì che l’esame sia sempre più attuale, che non sia solo la fine di un percorso ma l’apertura verso anni meravigliosi”.
Si avrebbe in mente, dice sempre la ministra, di abbinare esame e riforma, quella della cosiddetta “buona scuola e “a regime tutti i ragazzi faranno l’alternanza scuola-lavoro e quindi la prima maturità utile dovrà pure render conto di questa esperienza. L’anno prossimo ci saranno delle sorprese. Per dare agli studenti un esame sempre più aggiornato, che apra verso il futuro; sia esso all’università o nel mondo del lavoro”.
In attesa di vedere quale sarà la sorpresa, all’interno della quale ci potrebbe pure essere quella della “protesta studentesca”, se si dovesse inasprire, collegandolo per esempio coi test Invalsi, segnaliamo che anche la Fondazione Agnelli è contraria a questo esame, così come si svolge oggi e come si sta svolgendo in questo periodo in tutte le scuole superiori d’Italia.
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“Così com’è, l’esame non ha più senso”, scrive Adrea Gavosto e non soddisfa questi requisiti: non è selettivo (lo supera il 99% dei candidati); dà esiti diversi a seconda della discrezionalità di ciascuna commissione e delle diverse aree del Paese (l’anno scorso il numero di 100 e 100 e lode in Calabria è stato il triplo della Lombardia); non fornisce un vero quadro delle competenze acquisite; non orienta né per l’università né per il lavoro. Una soluzione sarebbe abolirla tout court, lasciando che siano le università a selezionare gli studenti in ingresso, come avviene sempre più spesso, proprio perché del giudizio di maturità non si fidano”.
Ora dunque, col sondaggio della Tecnica, sappiamo con certezza che anche i docenti non ci stanno in larghissima maggioranza: Non è utile, non definisce bene la preparazione e le competenze. In più, un voto unico narra poco del diplomando che può eccellere nelle materie scientifiche, ma appena sufficiente in “umanesimo” o viceversa.
Che fare allora? Cambiare. Come? Aspettiamo.
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