Sono utili gli esami di stato? Da qualche tempo esperti di didattica e di cose della scuola si stanno interrogando sul rito degli esami che il 22 giugno partiranno per i ragazzi dell’ultimo anno dell’istruzione secondaria di secondo grado, ma che costeranno circa 200 milioni di euro. È un investimento ragionevole? Infatti 150 milioni di euro andranno ai commissari esterni, circa 30 ai presidenti e il resto per la logistica.
Se poi si aggiunge il costo che le famiglie devono affrontare per ripetizioni e materiale aggiuntivo, si deve calcolare qualche altro milione. E con quale risultato? Da anni, circa il 99% degli ammessi all’esame viene promosso, mentre il voto finale può essere influenzato da diverse variabili: indirizzo di studio, severità della commissione, collocazione geografica della scuola. Per esempio i voti al Sud sono sistematicamente più alti rispetto al Nord.
In Calabria i 100 sono il 9% del totale ma in Lombardia si fermano al 3%: la qualità dell’apprendimento è migliore al Sud? Può essere, ma i dati Ocse Pisa affermano esattamente il contrario. Qual è allora la variabile? Forse la composizione delle commissioni? Forse.
Considerazioni tutte che portano qualcuno a proporre di ripristinare le commissioni con prof tutti interni, farle cioè coincidere col Consiglio di classe, così come si è sperimentato, ma con esiti dalla gran parte dei docenti stigmatizzati, quando al Miur c’era Letizia Moratti e il governo Berlusconi, dal 2001 al 2006.
Ma c’è anche chi propone l’abolizione del valore legale del titolo di studio e rilasciare, al posto del diploma, una “certificazione delle competenze” raggiunte dall’alunno, dopo un esame affidato a tutti commissari esterni e senza l’obbligo di ripetere l’ultimo anno, in caso anche di scarsi risultati.
Non più quindi un voto unico, ma tanti quante sono le materie. Allo studente la libertà di recuperare l’ultimo anno o di andare a lavorare con quella documentazione scolastica.
Altra soluzione proposta sarebbe quella dei soli scrutini di fine anno. Inutile un esame se poi il 99% dei candidati è promosso, tanto vale far coincidere il voto di ammissione col voto del diploma.
In questo caso però scatterebbe sempre il principio costituzionale di un titolo superiore, come è appunto l’esame finale, per dare validità legale al titolo di studio.
Un’altra soluzione possibile, dicono altri esperti, è quella di aggiungere i test Invalsi anche alla prove della maturità. Potrebbe servire a creare una misura standard di valutazione e, perché no, consentire anche di eliminare i test universitari. Forse.
Per questo chiediamo ai nostri lettori di esprimere il loro parere sulla utilità o meno degli esami di stato così come sono oggi svolti. Vale la pena di spendere due milioni di euro per un rito che, oltre a creare ansia tra gli studenti, famiglie i insegnanti alla fine promuove tutti e quasi tutti sempre alla fine sono pronti a lamentarsi?
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