Per scuola e pubblico impiego la riunione del Consiglio dei Ministri dell’8 agosto è andata molto peggio di ogni previsione.
Fino a un paio di giorni addietro pareva che tutto fosse pronto per una rapida approvazione del cosiddetto “decreto D’Alia” che avrebbe dovuto dare una risposta ai problemi del precariato, dei “Quota 96” e dei docenti inidonei.
Poi nella serata del 7 agosto è arrivata la doccia fredda: nell’ordine del giorno della riunione del Governo non era previsto l’esame del provvedimento.
Ma la vera gelata è arrivata poche ore fa quanto è stato reso noto il comunicato integrale dell’intera seduta.
“Il Consiglio – si legge nel sito del Governo – ha approvato in esame definitivo, a seguito del parere espresso dalle Commissioni parlamentari e dal Consiglio di Stato, un regolamento che proroga il blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti”.
Insomma, non solo non ci sono misure a favore della scuola ma c’è addirittura un provvedimento che peggiora ulteriormente la situazione.
Il regolamento prevede non solo il blocco di ogni forma di adeguamento retributivo, classi, scatti di stipendio e progressioni di carriera comunque denominate, ma anche una ulteriore riduzione dell’ammontare delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale (per la scuola si tratta del fondo di istituto).
Stando alle ultime indiscrezioni pare che sul “decreto D’Alia” sia intervenuto persino il Quirinale per segnalare che il decreto stesso suscitava non poche perplessità. Per quanto si era potuto capire, infatti, il provvedimento conteneva norme piuttosto eterogenee e non per tutte si giustificava l’urgenza. D’altronde è un po’ difficile giustificare l’urgenza di disposizioni che in questo stesso momento sono all’esame del Parlamento.
Sta di fatto che di tutto questo si riparlerà, nella migliore delle ipotesi, fra una decina di giorni e non prima.
E con quali esiti è davvero difficile prevedere.