Gira in Rete una vignetta, invero piuttosto artigianale, sulla “mutazione genetica” di un segno grafico, che, con vari passaggi degenerativi, si trasforma da 4 a 6, come un voto in vista degli scrutini. Fa sorridere…
Di un riso tragico, tuttavia, perché racconta non la lieta vicenda di un miglioramento didattico, ma l’involuzione ormai mutagena di tante insufficienze, che si tramutano, senza meriti, in sufficienze assolutorie. E laddove la mutazione non è “genetica”, cioè spontanea nel percorso valutativo del docente, interviene poi, agli scrutini, la sanatoria del “voto di consiglio”, a volte richiesto a volte contrastato, ma sempre ottenuto grazie ai buoni uffici del DS o del suo collaboratore che presiede. Del resto, il DS è indicato in tutti i testi canonici quale “garante del successo formativo” (L. 107/2015) e proprio gran parte dell’attuale deriva promana da tale sciagurata e ambigua definizione.
Cosa significa infatti “garante del successo formativo dell’istituzione scolastica”? spesso la questione è (male?) interpretata come garanzia antidispersione: siccome si deve contrastare il fenomeno dell’abbandono scolastico e delle ripetenze, l’istituzione scolastica autonoma provvede ad abbassare l’asticella delle valutazioni, alzando i voti quindi, in una sorta di todos caballeros, garantire l’inclusività. E che non sia solo un idem sentire indistinto e non formalizzato, ce lo dice il sistema di valutazione della retribuzione di risultato dei DS. Ad esempio, nel caso dell’Emilia-Romagna, il primo punto dei criteri di valutazione dei DS relativamente alla retribuzione di risultato è proprio quello di aver abbassato il tasso di ripetenze e la loro serie storica (sic!). L’intento è lodevole, ma la traduzione immediata risulta essere: meno bocciati, più stipendio, e soprattutto meno grane.
Torniamo ora alla pervasività del principio normativo di “garante del successo formativo”, che si può applicare, scendendo per li rami, anche alle valutazioni dei docenti. Portare un numero esiguo (o inesistente) di valutazioni insufficienti non garantisce (ancora) un aumento di stipendio, ma di certo facilita la vita, indipendentemente dalle pressioni, dirette o introiettate, a cui il docente è sottoposto. Di quali pressioni esterne si tratta?
In primo luogo, da parte dei DS, che preventivamente cercano di tutelare il profitto degli studenti, emanando circolari in cui raccomandano di evitare verifiche a sorpresa per favorire la serenità del clima di classe (sic!), a volte con azioni individuali sui singoli docenti giudicati troppo “severi” e sempre con interventi e/o pronunciamenti autorevoli, in favore delle promozioni e dei voti consiliari al rialzo. E poi, pressioni da parte delle famiglie, va da sé, più o meno insistite, con ormai frequenti episodi di minacce o maltrattamenti; pressioni da parte degli studenti, ormai affrancati da ogni soggezione e consci portavoce dei propri “diritti”; pressione da parte dei colleghi, del coordinatore di classe, di chiunque si senta ormai autorizzato a intervenire nella delicata faccenda della valutazione. E, da ultimo, pressioni interiorizzate, forse le più insidiose per la professionalità docente, certamente le meno documentabili.
È un allarme, senza statistiche o tabelle a supporto, ma che raccoglie l’accorato appello di tanti docenti che ci segnalano preoccupati questo fenomeno, dovuto in gran parte allo Spirito del Tempo e via via normativamente potenziato.
Prof. Stefano Battilana
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