La sentenza con cui il giudice del lavoro di Milano accoglie un ricorso in materia disciplinare è decisamente interessante e la dice lunga sul livello non sempre eccelso della chiarezza delle norme di legge approvate dal legislatore.
Il decreto Brunetta (il n. 150 del 2009) attribuiva ai dirigenti scolastici la competenza ad irrogare la sanzione della sospensione dal servizio fino a 10 giorni ma utilizzava una formula che non era affatto chiara, tanto che a partire da quell’anno si sviluppò un ampio contenzioso che diede origine a sentenze molto diverse fra loro: in alcuni casi i tribunali diedero ragione ai dirigenti che avevano utilizzato la sospensione e in altri casi accettarono le argomentazioni dei lavoratori che erano stati sanzionati.
Il decreto Madia
Fu così che nel 2017, quando venne approvato uno dei decreti legislativi applicativi della legge Madia (il n. 75, per la precisione) si decise di riscrivere la norma in modo più chiaro.
Finora le poche sentenze post-Madia avevano dato ragione alla Amministrazione scolastica, ma con la sentenza del giudice di Milano si torna al punto di partenza.
Il giudice milanese, infatti, osserva che la norma contenuta nel decreto 75 del 2017 conferma pienamente le regole precedenti e quindi non consente al dirigente di utilizzare la sospensione dal servizio.
La motivazione è sottile, ma era già stata accolta, prima del 2017, da diversi giudici che hanno evidenziato che, di fatto, la “sospensione fino a 10 giorni” non è una sanzione prevista dalle norme che, al contrario, parlano solo di “sospensione fino a un mese” e ne attribuiscono la competenza ad un altro organo e cioè al’Ufficio scolastico regionale.
Ma, se si vanno a leggere gli atti parlamentari relativi al parere espresso a suo tempo dalle commissioni di Camera e Senato, si scoprono cose interessanti.
La relazione tecnica allegata chiarisce il motivo per cui il legislatore intendeva consentire al dirigente scolastico l’uso della sospensione fino a 10 giorni; i casi di sanzioni non gravi venivano quantificati in circa 10mila all’anno: i 100 ambiti territoriali esistenti nel territorio nazionale – si legge nella relazione – non sarebbero assolutamente in grado di gestirli in modo efficace e quindi è opportuno che tali casi vengano trattati dall’ufficio di riferimento del dipendente.
La volontà del legislatore, insomma, sembra chiara.
Ma qui “arriva il bello”: date le premesse ci si sarebbe aspettati che i tecnici degli uffici legislativi addetti alla stesura dei testi normativi utilizzassero una formula altrettanto chiara e inequivocabile; e invece, stando almeno alla sentenza del giudice di Milano, la norma non è per nulla diversa da quella contenuta nel decreto Brunetta che aveva dato spazio ad un ampio contenzioso.
Per la verità tutto questo “ragionamento” potrebbe sgonfiarsi nei prossimi mesi perché non è detto che la sentenza del giudice del lavoro venga confermata anche in appello e quindi, prima di mettere la parola fine sulla vicenda, è bene aspettare che altri giudici si pronuncino.