Tutti sanno del triste caso della Professoressa Rosa Maria Dell’Aria, sospesa per due settimane senza stipendio perché alcuni suoi studenti avevano accomunato il ‘Decreto sicurezza’ alle leggi razziali. Ne ha parlato persino la stampa estera.
Dai resoconti giornalistici risulta che la docente non ha fatto politica in classe, ma ha solo lasciato esprimere i propri alunni. E quand’anche avesse espresso una propria opinione politica sul Governo, ciò sarebbe perfettamente lecito in democrazia.
L’insegnante è stata accusata il 28 gennaio con un tweet da un esponente dell’estrema Destra: subito la sottosegretaria leghista ai Beni culturali Borgonzoni (Lega) ha chiesto di avviare il procedimento disciplinare. Eppure i docenti sono pubblici ufficiali rappresentanti lo Stato, non il Governo in carica (transeunte rispetto allo Stato stesso); e, soprattutto, rappresentano uno Stato democratico, la cui Costituzione tutela la libertà d’insegnamento (art. 33 Cost.), che non può non essere anche libertà di espressione politica (art. 21 Cost.). Gli insegnanti non hanno, naturalmente, il diritto di obbligare gli studenti pensarla come loro, ma (con correttezza e specificando che è una loro opinione) possono liberamente esprimere il proprio pensiero su tutto, e dico assolutamente tutto. Non possono evidentemente incitare a violenza, razzismo, fascismo, totalitarismo; possono però dire che una cosa è giusta o sbagliata, purché nel rispetto delle opinioni degli alunni, e invitando i dissenzienti ad argomentare civilmente il proprio dissenso. Questo è il loro lavoro: educare al libero pensiero e al dibattito, per insegnare che non esistono opinioni lecite ed altre illecite, e che nessuna opinione è errata a priori. Se io sono un rappresentante dello Stato, ciò non significa che abbia giurato fedeltà al Governo, come avveniva durante il fascismo. Qualora i docenti si lasciassero convincer del contrario, la stessa democrazia sarebbe in pericolo.
A voler esser maligni, si potrebbe pensare che un provvedimento duro come quello inflitto alla docente Dell’Aria sia stato preso proprio per far capire a tutti i docenti che tanto liberi non sono più: e ciò, se fosse vero, sarebbe molto grave. Infatti (come sottolinea il Corriere della Sera) la legge stabilisce che, per incorrere nella decurtazione dello stipendio, un docente deve violare “obblighi concernenti la prestazione lavorativa”, determinando la “condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno”. Ma non è questo il caso di Rosa Dell’Aria.
Detto ciò, poiché anche un giornale libero come La Tecnica della Scuola ha il compito di stimolare il pensiero critico dei lettori, ci porremo qui alcune domande. Per esempio: possibile che nessuno dei Sindacati maggiori abbia pensato di difendere la docente prima che la sanzione fosse operativa? Eppure c’era tempo: era il 29 gennaio quando Lucia Borgonzoni scrisse su Facebook di aver «avvisato chi di dovere». Cosa è successo da allora? Come mai la notizia è uscita sui giornali solo il 16 maggio, quando l’insegnante scontava la pena già da cinque giorni? Possibile nessuno sapesse, né al MIUR né nei potenti sindacati maggiori?
Altra domanda: perché partiti e Sindacati, che ora difendono (giustamente) la docente Dell’Aria, non si sono mai precedentemente accorti del clima di pesante intolleranza instaurato da anni nei confronti della libera espressione dei docenti? Gli esempi di questo clima sono ormai parecchi, fin dai tempi dei governi Berlusconi, dei provvedimenti di Brunetta e delle continue dichiarazioni contro gli insegnanti “politicizzati”. Ma ci sono episodi più recenti.
Il 22 febbraio 2018 la maestra elementare Lavinia Flavia Cassaro inveì violentemente contro le forze dell’ordine durante un corteo, e un anno dopo è stata licenziata per comportamento «in contrasto coi doveri inerenti la funzione educativa», benché l’episodio non fosse avvenuto durante il servizio didattico: non sta certo noi entrare nel merito delle scelte di un magistrato, anche se la sanzione potrebbe apparire alquanto severa. In quell’occasione era stato però un politico a suggerire l’esito draconiano della vicenda: un certo Matteo Renzi, che alla trasmissione tv “Matrix” esortò le autorità a licenziarla “su due piedi”.
Nell’aprile 2015 il professor Francesco Coppoli, “reo” di aver tolto il crocifisso in aula, fu sospeso per un mese intero senza stipendio. E nel settembre 2018 fu lo stesso Matteo Salvini ad invitare i docenti “che fanno politica” cambiar mestiere, perché in un Liceo di Crotone era stato assegnato un tema sul parallelismo tra leggi razziali e “Decreto Sicurezza” (contro il quale ora si pronuncia persino l’ONU).
Il clima d’intimidazione verso i docenti, dunque, è invenzione antica. Forse non peggiorerebbe se venisse realizzata la regionalizzazione della Scuola? Una volta frammentato il Contratto Nazionale della Scuola in 20 contratti regionali, i docenti sarebbero più tutelati? E di questo il M5S (il cui programma elettorale non prevedeva l’autonomia differenziata) che dice?
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