La questione dell’insegnamento del sostegno, anche quest’anno ha visto diverse storture, ritardi e confusione. Confusione che riguarda le scuole, i docenti e le segreterie, ma che di riflesso, purtroppo, colpisce sempre gli alunni disabili, le vere vittime di un sistema che non riesce a garantire adeguatamente un servizio indispensabile per l’inclusione scolastica.
Sul tema abbiamo scritto diverse volte, prendendo spesso come riferimento le azioni e le denunce del MISoS, movimento insegnanti di sostegno specializzati, che si fa portavoce non solo di tutti quei casi in cui l’inclusione scolastica viene meno, ma anche e soprattutto in questo periodo iniziale dell’anno scolastico, di tutti i problemi relativi alle assegnazioni dei posti di sostegno ai docenti con specializzazione.
A tal proposito, abbiamo intervistato Ernesto Ciraci, presidente MISoS, che ci fornisce un quadro ben dettagliato della situazione del sostegno in Italia.
Possiamo dire che fino a qualche giorno fa, ancora vi erano cattedre scoperte sul sostegno in alcune zone d’Italia. Quali sono i dati finali sui posti in deroga?
Partendo dai dati estrapolati dal “Focus anticipazione dati, scolastico 2017/2018, sulla scuola italiana, da parte del Miur” pubblicati inizio settembre, le cattedre in deroga erano pari a 38.769, mente le cattedre stabili, ossia in organico di diritto, destinate al personale stabilizzato sono pari a 100.080.
Il totale tra cattedre in organico di diritto e deroga è pari a 138.849 posti.
Per le cattedre in deroga essendo suscettibili a sentenze del Tar, tale cifra di 38.769 potrebbe subire modifiche sostanziali. Basti pensare alla Sicilia, dove l’USR in data 12/10/2017 ha assegnato ulteriori 657 cattedre in deroga.
Quindi, il dato fornito a inizio settembre dal Miur, non è definitivo, e possiamo dire con certezza che le cattedre in deroga oltrepassano i 40.000 posti.
Da ciò segue che il totale degli oltre 140.000 posti totali sul sostegno (posti stabili + supplenze/deroga), circa 1/3 sia rappresentato da posti in deroga, ovvero supplenze fino al 30 giugno.
Cosa pensa della situazione degli ITP, spesso neodiplomati senza esperienza né di insegnamento, né tantomeno di sostegno?
Non è ammissibile che l’insegnante di sostegno non abbia quantomeno una formazione di base, che consenta di approcciarsi in maniera consapevole al lavoro per il quale è stato chiamato.
Si potrebbe obiettare che spesso gli alunni con disabilità siano affiancati da docenti della III fascia delle graduatorie d’istituto, anch’essi privi di titolo specifico. Tuttavia, tali docenti hanno acquisito nel corso dei loro studi almeno una laurea ed esperienza sul campo: dare la priorità ai docenti diplomati nell’assegnazione delle cattedre, significa ancora una volta sminuire titoli di studio faticosamente ottenuti. Inoltre, non va dimenticato che i docenti specializzati ci sono, ma queste importanti risorse sono vincolate da una serie di limitazioni, quali il tetto massimo di venti scuole per provincia e il divieto di dare la propria disponibilità a lavorare in una provincia diversa da quella in cui sono inseriti in graduatoria (nota MIUR prot. 37381 del 29 agosto 2017). Ne consegue che, in mancanza di candidati, le scuole siano costrette a reclutare addirittura gli ITP anziché consentire ai docenti specializzati inseriti in province sature, di rendersi disponibili attraverso le MAD.
A tal proposito, ritengo opportuno sull’esempio dell’USR dell’Umbria, prevedere un corso di formazione di base per tutti gli insegnanti privi di specializzazione ed esperienza.
Il problema di mancanza di personale (o di personale qualificato) crea diversi svantaggi agli alunni con disabilità. Se contiamo che associazioni come Tutti a scuola denunciano anche disservizi di natura tecnica, come il trasporto, e a questo aggiungiamo che molte scuole non sono attrezzate per accogliere alunni diversamente abili, verrebbe da dire che siamo messi proprio male…
Tante, infatti, sono le questioni aperte sull’inclusione degli alunni con disabilità nonostante l’Italia vanti un iter legislativo a suo favore che affonda le radici negli anni ’70, poi posti alla base della Legge Quadro 104/1992 e dei successivi documenti programmatici a favore dell’istruzione di tutti gli studenti.
Sul piano socio-assistenziale, in alcune regioni del sud dell’Italia, sono assolutamente irrisorie le risorse economiche messe in campo a livello locale e a volte accade di verificare come le norme basilari siano del tutto disattese: grandi ritardi nell’assegnazione dell’assistenza per autonomia e igienico-personale (assistenti alla persona) e dei servizi di trasporto scolastico. Il problema in alcuni casi è dovuto, oltre alle mancate risorse investite, alla lentezza della macchina burocratica che genera inevitabili disservizi. Garantire pari opportunità agli studenti con disabilità è un gesto prioritario di civilizzazione e d’inclusione.
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